Benvenuto Presidente, un “filmetto”.

Benvenuto Presidente. Un “filmetto” da quattro soldi, senza offesa per nessuno, tantomeno per il botteghino che, invece, di soldi ne ha fatti davvero tanti! Comunque un filmetto, che cavalca con molta retorica l’anti-politica, senza grandi colpi di scena, senza grandi pretese, senza alcun particolare sussulto. Un “filmetto”, per l’appunto, che se fosse uscito a Natale sarebbe stato il classico “cine-Panettone”, ma che considerate le recenti festività si guadagna l’altrettanto poco esaltante titolo di “cine-Colomba”! Insomma, un “filmetto” dove c’è poco da ridere non solo per la pochezza del copione, ma anche per la tragicità del momento storico che proietta sul grande schermo. Un “filmetto”, ma dal messaggio profondo, vero, anche se scontato, demagogico e sempre uguale a se stesso: i politici sono l’espressione del popolo che li elegge e non una brutale astrazione  dal resto della popolazione! Tutti noi siamo responsabili dell’attuale situazione politica ed economica nella quale disastrosamente versiamo: noi che parcheggiamo in doppia fila, noi che paghiamo in nero per risparmiare qualche soldo! Nel film il regista offre a “uno di noi” la fantasiosissima opportunità di salire al Colle più alto di Roma, per poi dimettersi lasciando intendere che non basta essere “onesti” e “per bene” per governare una nazione, ma bisogna soprattutto esserne capaci! Per il resto poco o nulla da salvare in quello che rimane pur sempre un “filmetto”- a parte le grazie di una stra-bellissima Kasia Smutniak – lontano anni luce dal più riuscito “Benvenuti al Sud”, altra regia, ma sempre con Claudio Bisio, allora straripante, ma nella fattispecie di “Benvenuto Presidente”, Peppino, un bibliotecario col vizio delle storie e della pesca alla trota. Onesto e genuino, vive in un piccolo paese di montagna sognando un futuro migliore per il suo unico figlio, venditore rampante di un articolo sportivo. A Roma intanto destra, sinistra e centro discutono le sorti del paese e l’identità del nuovo presidente della Repubblica. A sorpresa e per provocazione viene eletto Giuseppe Garibaldi. Generale, patriota e condottiero italiano naturalmente defunto il cui nome e cognome è stato però ereditato da almeno cinque italiani. Peppino si fregia di quel nome e dell’età giusta per ricoprire la carica di presidente. Eletto suo malgrado, viene prelevato dalle sponde del fiume e condotto a Roma. Pescatore di trote e di sogni, viene risolutamente invitato a rinunciare al mandato. Ma al momento di pronunciare il discorso alla Camera, Peppino Garibaldi avverte l’opportunità di fare qualcosa e di cambiare finalmente il suo Paese. Rifiutate le dimissioni e con l’aiuto di un’avvenente vice segretario ricomincerà dagli italiani.

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