Antibiotico: genitori che fanno da se.
con la somministrazione di broncodilatatori nella crisi asmatica oppure il diazepam nelle convulsioni febbrili dopo il primo episodio. Non c’è niente di strano nell’intervenire in maniera autonoma per limitare rapidamente un disturbo che si conosce utilizzando metodi noti. Non tutti i genitori, però, si limitano a questi semplici interventi ma pongono diagnosi di sospetto dell’origine della malattia e somministrano le terapie corrispondenti. La terapia da automedicazione impropria somministrata più frequentemente è rappresentata dagli antibiotici. La somministrazione di un farmaco antibiotico è quasi doverosa per un bambino che sia affetto da una qualsiasi malattia febbrile; spesso in casa è disponibile una confezione di antibiotico magari avanzata da una predente malattia dove la guarigione si sia verificata prima della necessità di preparare la seconda bottiglia di sospensione. Sospensione e non sciroppo perché, ormai, gli antibiotici si presentano sotto forma di polvere da sciogliere con una quantità esatta di acqua e non più come un prodotto liquido pronto all’uso. Sembra quasi che le malattie febbrili siano causate tutte da batteri sensibili all’antibiotico disponibile a domicilio. In realtà è esattamente il contrario perché le malattie più diffuse sono rappresentate dalle infezioni virali, come ad esempio l’influenza, mentre per quanto riguarda gli antibiotici ci sono diverse classi con diverse indicazioni sia per il tipo di infezione che per l’organo ammalato: un antibiotico idoneo alla terapia della polmonite può essere inefficace nel caso di infezione delle vie urinarie. Il bambino, però, ha la febbre e ci va bene qualunque cosa pur di fare qualcosa, di sentirsi utili, di dire “sta anche prendendo l’antibiotico”. La decisione di praticare una terapia antibiotica è un atto medico e tale deve restare come ribadito più volte anche dal Ministero della Salute. Quali possono essere le conseguenze della somministrazione incongrua di un antibiotico, magari ad ampio spettro? Prima di tutto a livello di società la spesa ingiustificata e la selezione di batteri resistenti, insensibili all’antibiotico e sempre più pericolosi. A livello individuale l’assunzione di antibiotico può determinare effetti collaterali, fenomeni di tossicità, reazioni avverse alle diverse sostanze, principi attivi ed eccipienti, contenuti nel prodotto, non giustificati dal giovamento terapeutico effettivo. Talvolta, come può avvenire nella Mononucleosi infettiva, l’assunzione di un antibiotico può determinare la comparsa di nuove manifestazioni cliniche, non tipiche della malattia. La quantità di antibiotico da somministrare, la posologia, nella terapia autoprescritta, inoltre, è determinata dalla lettura del foglietto illustrativo, il “bugiardino”. La giusta quantità di farmaco, invece, può essere maggiore o minore di quanto segnato, talvolta fino al doppio, e solo il medico può decidere quando è necessario “giocare al rialzo”. E se il bambino non guarisce in uno o due giorni nonostante la terapia antibiotica somministrata? Ci si reca, finalmente, dal Pediatra di Fiducia che, spesso, non può fare altro che proporre un antibiotico di classe diversa ed attendere una guarigione che nella maggior parte dei casi avverrà spontaneamente e non per la somministrazione del secondo antibiotico. E’ importante ricordare che le malattie sono causate raramente da infezione batterica e che l’antibiotico deve essere prescritto dal medico dopo una visita accurata. Non ci si può aspettare che il medico proponga un antibiotico senza una visita, magari ripetuta dopo qualche giorno, solamente perché il bambino ha la febbre magari comunicata al professionista per telefono.
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