Aiutarli a casa loro depredando risorse in tutta l’Africa.
Nonostante il caos, le guerre e le rivoluzioni, l’interesse degli europei, degli americani, dei russi e dei cinesi è molto elevato per quelle che sono considerate le più grandi riserve di petrolio: “l’El Dorado del Sahel” così viene chiamato e che si estende dalla Mauritania all’Algeria, sino a nord del Mali. Nel maggio 2014, dopo l’annuncio di Obama di assegnare ulteriori 5 miliardi di dollari per la lotta contro il terrorismo globale, un numero crescente di governi africani firma il programma AFRICOM (gli Stati Uniti sono l’unico Paese a dividere il mondo in settori militari separati: NORTHCOM, PACOM, SOUTHCOM, EUCOM, CENTCOM, AFRICOM). Anche il Niger firma il programma e i militari USA riuniscono forze provenienti da 17 Paesi per “esercitazioni militari”. Vengono istituite basi a Gibuti, Niger, Kenya, Etiopia, Somalia, Sudan, Burkina Faso e inviate truppe in Liberia durante la crisi di Ebola. Per non essere da meno, la Francia comunica i piani per aumentare la sua presenza nel Sahel con una ridistribuzione di 3.000 militari. La crescente militarizzazione dell’Africa, diventa quindi anche un notevole centro di profitto per il complesso militare-industriale, con milioni di dollari di contratti per produttori di armi e imprenditori privati. Nel frattempo, anche le multinazionali cinesi si dedicano alla conquista del continente africano, con un piano di investimenti di oltre 60 miliardi di dollari in infrastrutture, delocalizzazione della produzione e manodopera, il tutto in cambio di risorse naturali (il 90% del cobalto estratto nella Repubblica Democratica del Congo finisce in Cina) e, recentemente, con la sua prima base militare a Gibuti. Ci sono poi l’Inghilterra, l’Italia, la Norvegia, l’Olanda e la Russia che si ritagliano la loro parte. Per concludere, più di 130 anni dopo la Conferenza di Berlino, se ancora non ve ne siete accorti, è in corso una nuova divisione del continente africano. Ah, dimenticavo: si combatte anche il terrorismo….
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