Adinolfi punta tutto su Renzi: abituatevi, dura vent’anni.

di Mario Adinolfi. Il poker ti insegna la logica dei rapporti di forza. Ci pensavo ieri sera mentre giocavo un torneo e contemporaneamente cercavo di capire dalle notizie confuse del nostro giornalismo sciatto (che sa dire tutto sul passaggio di Gabriele Albertini da Scelta Civica al Ncd di Alfano ma poco o niente delle dinamiche di politica estera) se stesse davvero scoppiando una nuova folle guerra di Crimea. Vedevo le chips diventare montagna davanti a me e mi pareva di capire meglio Putin, la sua aggressività nei confronti della “dead money” rappresentata dall’Unione europea e del “nitty” Barack Obama. La logica dei rapporti di forza spiega tutto, è spietata come una partita a poker. Dove vince il più forte. E il più forte, ieri sera, ero io. Speriamo che Putin incespichi in qualche errore, ma attenti, io non ne ho commessi. Potrebbe non commetterne neanche lui.
Spiegavo a qualche pokerista che inevitabilmente con me al tavolo vuole parlare di politica, che la chiacchiera da bar su Matteo Renzi mi ha stufato. Ovviamente i pokeristi usano per la politica la categoria dell’orecchiato altrove, tendenzialmente non ne capiscono nulla. Parlano di politica un po’ come i giornalisti parlano di poker: senza sapere quel che si dice. Anche qui, frequentare questo strano mondo di tavoli verdi, ti spiega tutto: per apprezzare davvero quel che accade nelle dinamiche tra tizi che hanno le carte in mano, devi possedere delle capacità di conoscenza approfondita del gioco. I pokeristi non conoscono il gioco della politica e viceversa. Ma tutti ne vogliono parlare. E allora “secondo me Renzi dura poco” e “a carte ci vuole solo culo”. Ora, poiché la prima affermazione l’ha fatta oggi su un grande giornale pure un grande vecchio della sinistra italiana con ambizioni presidenziali frustrate, mentre la seconda è praticamente moneta corrente in tutti i bar di Caracas, possiamo dire che forse nella saggezza da bar si nascondono rivoli di verità. Ma la verità complessiva è sempre molto più sofisticata.
La brava Myrta Merlino mi ha intervistato venerdì e, indovinate un po’, mi ha subito chiesto se “Renzi è in all in”. Ormai è chiaro a molti che il poker insegna la logica, sicuramente ai più intelligenti: mi è capitato di spiegare il renzismo in salsa pokeristica anche in un’intervista al seriosissimo Fatto Quotidiano (fosse per loro brucerebbero tutti i giocatori che loro chiamano “d’azzardo”, sull’incompetenza dei giornalisti vi ho già detto, in un grande falò). Renzi non è in all in, ho detto alla Merlino e lo dico anche a tutti i pokeristi che me l’hanno chiesto: Renzi è all’inizio. Abituatevi, dura vent’anni. E’ giocatore di razza e solo chi gioca a poker può capire che torneo meraviglioso ha giocato, paziente quando doveva essere paziente, maniacalmente aggressivo quando doveva bullare il tavolo, fortunato quando era necessario esserlo. 
Già, perché dobbiamo pure affrontarlo questo benedetto fattore fortuna. Ieri ho vinto il torneo perché in un all in a tre avevo QQ, ho trovato contro 1010 e 55, le donne hanno retto e praticamente la partita si è chiusa lì. Poteva scendere un 10 o un 5, sarei stato sfortunato. Ma la logica diceva che una Q è maggiore di un 10 che è maggiore di un 5. Io me lo ripeto sempre, nella vita sono stato molto fortunato: mi piaceva la politica e mi sono ritrovato a fare il deputato; volevo fare il giornalista e oggi sono tra quei 7-8 della mia sfigatissima generazione dei nati dopo il 1970 che riconoscete per strada; mi piaceva scrivere libri e tra qualche giorno esce il mio ottavo, con gente che ne discute e si lamenta perché non lo trova ancora in libreria; mi sono innamorato di quella bella ragazza che aveva 15 anni e 100 chili meno di me, alla fine me l’ha data (la figlia, che avete capito, ciao Clara A.); pensavo fosse amore e invece era un calesse ma ne è nata un’altra figlia meravigliosa (bassista. In una rockband. Fidanzata con il chitarrista capellone. Vabbè, non si può avere tutto: ciao Livia A.); ho incontrato la passione per il poker e ho vissuto addirittura due volte l’emozione del final table Wpt; ogni giorno ho la fortuna di interloquire con voi in radio, in tv, via social network, per strada, in viaggio e sui tavoli verdi e per alcune di queste attività vengo persino pagato. Sì, dai, sono un ragazzo fortunato. Poteva scendere un 10 o un 5. Invece le mie donne hanno retto. E i sogni di un bambino si sono più o meno realizzati.
E’ la lezione più bella che si possa apprendere a un tavolo da poker e forse solo lì: la conoscenza approfondita delle proprie qualità e dei propri limiti; di quanto siamo disposti a mettere in gioco e di quanto intelligenti siamo nel capire il momento giusto per farlo. Perché il poker insegna la logica dei rapporti di forza, serve a capire meglio quel che succede in Ucraina o con Renzi, senza limitarsi al solito commento da tifoso. Ma i rapporti di forza più importanti da comprendere sono quelli con noi stessi. Questo è il mio piccolo contributo, una nota a margine dopo un torneo vinto a poker.

You may also like...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *