A che punto è la notte.

di Luca Anedda.  È appena uscito un sondaggio di Demopolis nel quale è stato chiesto, a due anni dall’inizio della guerra in Ucraina, cosa dovrebbe fare l’Europa in merito. Il risultato è stato nettissimo: il 65% è per un impegno diplomatico per una tregua e per provare a favorire un negoziato tra Mosca e Kiev. Solo un 28% è per mantenere fermamente la propria posizione nel supporto all’Ucraina contro la Russia. Un 7%, infine, non sa.Molto simile al sentimento che si registrava dopo lo scoppio delle ostilità ed anche un anno fa. Con il G7 tenuto in una spettrale Kiev, il nostro Presidente del Consiglio è andato esattamente nella direzione opposta del volere della maggioranza.

 

Ci si continua a raccontare che la difesa di Kiev dall’invasore Russo sia necessaria almeno per due motivi fondamentali: il primo è la difesa del Diritto Internazionale e il secondo è per opporre un muro all’insanabile appetito di conquista di Putin, che, se non fermato in Ucraina, presto muoverebbe alla conquista dei Paesi Baltici (Estonia, Lettonia, Lituania), Polonia ed infine sferrerebbe un attacco a tutta la Nato.

La narrazione di questa guerra è mutata molte volte e sedicenti esperti, giornalisti e politici ci hanno raccontato di vari scenari che rappresentavano a seconda della situazione, un esercito Russo che sfiduciato e poco addestrato combatteva di malavoglia con le pale; oppure che le sanzioni avevano costretto a prendere i chip dalle lavatrici, per far funzionare le armi. Oppure, e oggi siamo in questa fase, che Putin potrebbe scatenare una invasione contro il resto dell’Europa. Dunque, non è chiaro se l’esercito Russo sia un agglomerato di straccioni condotto da una massa di ubriaconi, oppure se sia una temibile armata capace di abbattere la Nato.

Ma partiamo dal primo punto: il Diritto Internazionale.

Se c’è un effetto certo scaturito da questa guerra è che ha cambiato gli equilibri del mondo, tracciando un solco tra il G7 (il Presidente Macron non ha partecipato a quest’ultimo, causa altri impegni a Parigi), ed il resto del Mondo. Un tempo la minoranza numerica della popolazione del G7, siamo meno di un miliardo di persone contro i restanti 7, poteva contare su una schiacciante superiorità economica, rappresentata da quella americana ma anche da quella del vecchio continente, Germania in testa.

Oggi solo gli USA mantengono una decisa supremazia economica mentre noi Europei ci stiamo relegando in una evanescente inconsistenza e irrilevanza economica. Soprattutto da quando questa guerra è cominciata. Dunque, questo restante mondo ci guarda con attenzione, ed ora, in maniera molto più critica e assertiva di un tempo. Se parliamo di Diritto Internazionale, intanto viene richiesto che questo Diritto non sia scritto solo dall’Occidente ma condiviso in maniera più ampia, e che poi venga rispettato anche dall’occidente. E poiché gli esempi di violazione sono innumerevoli, la credibilità in tal senso è scivolata via via verso lo zero assoluto.

Il conflitto Israelo Palestinese ha scoperchiato il vaso di pandora del doppiopesismo occidentale. Tutto dipende da chi e coinvolto. Allora cambia come venga fatta rispettare la legge, su come vengano “pesati” i morti, su cosa sia una pulizia etnica, su chi possa essere definito invasore, sull’uso asimmetrico della forza, sull’accettabilità di colpire indiscriminatamente civili inermi. E dunque simultaneamente assistiamo ogni giorno a dichiarazioni esattamente opposte a seconda che si parli del conflitto ucraino o di quello in Palestina.

Il Segretario di Stato Americano Blinken ad una domanda postagli da Wolf Blitzer, sulla CNN, sul perché Israele ancora oggi occupi i territori delle Alture del Golan, che sono Siriane, ha detto candidamente:” che senza entrare in tecnicalità giuridiche, questi territori sono un cuscino di sicurezza per Israele e dunque al momento irrinunciabili”. In barba dunque al Diritto Internazionale, che dunque viene usato come foglia di fico per nascondere i veri obiettivi delle nostre politiche.

Dietro ogni guerra ci sono delle cause ben precise, e anche nel caso dell’invasione russa sono ben individuabili. Intanto è probabile che il vero intento di Putin non fosse una vera e propria invasione: con 190.000 soldati non si può né invadere né controllare un paese grande come l’Ucraina. Nella sola Germania dell’Est i Sovietici vi stazionavano 300.000 militari; dunque, la matematica di una guerra i russi la conoscono bene e non sono degli sprovveduti. Forse le intenzioni reali di Putin erano quelle di un cambio di regime a Kiev poi fallito miseramente.

Del resto, bisogna ammettere, che in quanto a cambio di regime gli Stati Uniti sono molto più efficaci: con oltre 60 colpi di stato effettuati dal dopoguerra ad oggi hanno accumulato una esperienza davvero insuperabile. Quello del 2014 a Kiev fu un capolavoro. Con il solo 10% di appoggio politico di gruppi di estrema destra, la Nuland riuscì a rovesciare l’allora Premier di Kiev, Yanukovich. Oggi la Nuland è stata promossa vice di Blinken.

Come detto, più volte questo conflitto era evitabile, e anche dopo il suo scoppio si sarebbe potuto interrompere. Nel marzo del 2022 un mese dopo l’invasione, ad Istanbul si tennero dei colloqui tra la delegazione Russa e quella di Kiev; in quella circostanza fu raggiunto un accordo sottoscritto dalle due parti nella quale Kiev si impegnava a mantenere uno stato di neutralità, a non confluire nella Nato ed a garantire una speciale legislazione per le minoranze russofone, mentre la Russia sarebbe arretrata nei confini precedenti il 24 febbraio.

Clausewitz affermava che: “la politica deve prevalere in una guerra e continuare nonostante le ostilità”. Nel conflitto ucraino non solo la politica e la diplomazia sono state sospese, ma anche il buon senso. E tutto in omaggio a due obiettivi ben precisi: l’indebolimento Russo, secondo rivale dopo la Cina dell’impero americano e il cortocircuito del rapporto Germania-Russia e dunque di tutta l’Europa che rappresentava anch’esso un pericolo per l’egemonia americana.

Il primo Segretario della Nato, Lord Ismay, ebbe a dire che il compito della Nato era quello di:” mantenere l’America dentro, la Russia fuori e la Germania sottomessa”. Principio che gli Stati Uniti hanno applicato anche in questa circostanza. Non dimentichiamo il sabotaggio del Nord Stream 2, atto di guerra gravissimo che ha privato la Germania e l’Europa della sua vitale risorsa energetica a buon mercato. A seguito di ciò la Germania è piombata in una recessione di cui non si vede la fine ed il resto dell’Europa in uno stato comatoso e di paralisi senza precedenti.

Dunque, se non vi fosse stata l’ingordigia occidentale nel voler inglobare l’Ucraina nella Nato si sarebbe potuto evitare la rischiosa catastrofe nella quale ci troviamo oggi. Ma questo era un pallino della politica americana. A Bucarest nella riunione della Nato del 2008 Bush cercò in tutti i modi di assicurarsi l’entrata della Georgia e dell’Ucraina nella Nato. Quando questo tentativo fallì, per salvare la faccia, nel comunicato finale fu inserito un riferimento che la questione sarebbe stata riaffrontata in futuro, lasciando così la miccia accesa a quella bomba che sarebbe poi deflagrata nel febbraio del 2022. Eppure, vi furono autorevoli pareri contrari all’operazione: il capo della CIA e l’Ambasciatore a Mosca misero in guardia l’amministrazione americana sui pericoli che si sarebbero corsi nel continuare a percorrere quella strada.

Neanche la narrativa più fantasiosa ha potuto modificare significativamente i risultati impietosi che il campo di battaglia ci ha consegnato dopo quella che doveva essere la campagna di liberazione di Kiev. La realtà è brutale. L’Ucraina è uno Stato fallito e in macerie. Ha perso una quantità di soldati che alcune stime prudenti indicano in mezzo milione tra morti e feriti. Una popolarità della leadership Ucraina ai minimi storici; battaglie interne con uccisioni, avvelenamenti in perfetto stile russo, nel tentativo di mantenere un fragile status quo.

Finché i soldi europei e americani affluiranno nelle tasche ucraine questo teatro sarà in grado di mantenersi vivo e replicare la stanca rappresentazione di un’opera dei pupi che vuole il popolo ucraino vincitore sull’invasore. Rappresentazione di fatti non esistenti sul campo. Ecco allora che si annuncia un’altra controffensiva “segreta” che serve per mandare un segnale a chi deve mandare i soldi, che questi saranno ben spesi: armi e ancora armi. Per stimolare una riluttante Camera dei deputati americana che tra una settimana dovrà votare se concedere altri 65 miliardi di dollari a Kiev, gli esperti ed i vari Tink Tank cercano di tranquillizzare i preoccupati deputati che tanto questi soldi rimarranno negli Usa perché andranno direttamente nelle casse delle industrie militari nazionali.

La realtà è che l’ucraina non ha alcuna possibilità di competere con la macchina bellica Russa, e non perché sia particolarmente invincibile, ma semplicemente per una questione di “man power”. L’Ucraina non ha gli uomini e donne (visto che sta arruolando anche loro) che servirebbero per una guerra prolungata. Le sue riserve sono finite. La campagna per reclutare 500.000 soldati è impopolare e nessuno se la vuole politicamente intestare. Inoltre, è molto complicata in quanto la popolazione abile ma che si trova all’estero non ha intenzione di rientrare per poi essere spedita al fronte. E chi è dentro i confini nazionali tenta di sottrarvisi.

Di recente è stata approvata una legge dal governo ucraino che vieta alla popolazione di età tra i 18 e 60 anni di trovarsi in una fascia di 5 km dal confine. È un maldestro tentativo di evitare la fuga di chi non vuole essere mandato a morire in guerra, e che non si fermerà certamente davanti a questo divieto, per tentare la fuga. L’addestramento poi è un altro aspetto cruciale: non si improvvisa un soldato in poco tempo. È un mestiere difficile e complicato.

Ci troviamo dunque, in un labirinto apparentemente senza via di uscita.

Nella sua ultima intervista con il giornalista americano Tucker Carlson, Putin ha detto che la guerra in Ucraina non è una guerra per espandere i territori della Russia: ne ha già abbastanza. Ed ha aggiunto:” Chi non sente la mancanza dell’Unione Sovietica è senza cuore, ma chi la vuole ricostruire è fuori di testa”. La narrativa che vuole un Putin pronto ad invadere i paesi baltici e poi la Nato, non è fattuale.

Non si basa su dati reali ed ha solo due scopi. Il primo è quello di spaventare l’opinione pubblica agitando lo spettro di una invasione in casa propria da parte dell’orso Russo. Il secondo altrettanto importante è diretto alle industrie belliche, e serve a rassicurarle circa l’impegno politico a lungo termine sul prosieguo di questa guerra. Aumentare la produzione di armi significa fare cospicui investimenti, e sono costi questi, che l’industria è disposta a sostenere solo in caso di ritorni economici adeguati. Questo è possibile solo se la guerra continua per molto tempo.

Ma le armi non possono rimpiazzare i soldati: questa è la semplice equazione che dovrebbe spingere la politica occidentale a cercare una via di uscita. Perché delle due l’una: o si andrà verso una ancora maggiore distruzione dell’Ucraina e della sua popolazione, oppure qualcun altro dovrà mettere gli uomini per combattere. E questa seconda prospettiva è ancora più agghiacciante della prima, perché significherebbe l’apocalisse.

Gli storici si sono domandati come fosse possibile che una riluttante Europa fosse finita nella Prima guerra mondiale che provocò 50 milioni di morti (spagnola inclusa).

Credo che tutti noi vorremmo evitare che un domani gli Storici si debbano domandare come sia stato possibile che l’Ucraina sia stata l’origine della peggior catastrofe del XXI secolo.

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