Via Crucis per le donne crocifisse.
L’intervento intrapreso di questi ultimi anni ha assicurato la libertà oltre 7.000 ragazze ridotte in stato di schiavitù. La comunità ha dato vita a una campagna di sensibilizzazione “Questo è il mio corpo” per chi vuole conoscere e aiutare queste giovani vittime. Il Coordinatore dell’Evento è Don Aldo Buonaiuto della Comunità Papa Giovanni XXIII. In questa Quaresima 2017 il Settore Sud della Diocesi di Roma ha accolto questo momento di preghiera e solidarietà facendosi promotore insieme alla comunità. Mons. Paolo Lojudice, Vescovo Ausiliare del Settore Sud, insieme ai suoi parroci hanno individuato il percorso e, infatti, proprio nel loro territorio è presente il fenomeno della tratta e prostituzione schiavizzata ed è questo il motivo per cui percorreremo alcune strade delle “Donne Crocifisse”. Sarà una via crucis molto coinvolgente; Venerdì 7 aprile ore 19.30 vi sarà il ritrovo presso il ponte “Settimia Spizzichino” (Fermata Metro B Garbatella). Ascolteremo la testimonianza diretta di ragazze che hanno vissuto sulla propria pelle la condizione di schiavitù, che anche oggi è drammaticamente presente nelle nostre città. La via crucis sarà caratterizzata da testimonial e personalità rappresentati che che porteranno sulle spalle la Grande Croce. Inoltre, nell’ultimo tratto della Via Crucis, si realizzerà l’ultimo percorso del Cristo con la presenza scenica della crocifissione e resurrezione. Sono più di 100 mila, le donne straniere costrette a prostituirsi nel nostro paese. Hanno tra i 15 e i 25 anni e sono soprattutto nigeriane e slave. Attratte dalla speranza di una vita migliore appena arrivano nel nostro paese, cadono nella rete della tratta sessuale e con la violenza sono costrette alla prostituzione. Nel migliore dei casi le vediamo su tante strade delle nostre periferie, nel peggiore, restano nascoste per anni, “a lavorare”, nel sottoscala di qualche nightclub. “Se vuoi ti porto in Italia, lì c’è lavoro, e con i soldi che guadagni potrai aiutare anche la tua famiglia.” Sono attirate così, con questa frase quasi fosse uno slogan, che rappresenta per loro il sogno di una vita migliore e la possibilità sfuggire alle condizioni di miseria o indigenza in cui spesso vivono. A proporglielo può essere un cugino, un amico, a volte anche un fidanzato o una persona di fiducia che promette qualcosa di sicuro. Un sogno che si infrange presto, spesso proprio durante il viaggio o al più tardi, quando arrivano a destinazione e qui, anche se lottano e urlano sono già in trappola. Lontane da casa nessuno le difende e sono picchiate e vendute. Non scappano perché spesso non conoscono la nostra lingua e se provano ad allontanarsi ci saranno pesanti ritorsioni sulla loro famiglia.
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