8 marzo la giornata della protesta.

Oggi, mercoledì 8 marzo, Giornata internazionale della donna, in più di trenta paesi del mondo ci sarà uno sciopero delle donne organizzato da Women’s March, il movimento americano responsabile delle proteste contro il presidente Donald Trump dello scorso 21 gennaio, e da tanti altri gruppi di tutto il mondo, tra cui l’italiano ‘Non una di meno’,
che già aveva organizzato una manifestazione il 26 novembre scorso in parte ispirata alla faccenda del “Fertility Day”. Lo sciopero dell’8 marzo avrà modalità un po’ diverse nei vari paesi, ma l’idea di fondo è la stessa: servirà per protestare contro le forme di disuguaglianza tra uomini e donne tuttora presenti nel mondo. Le donne non lavoreranno per un giorno e non faranno acquisti, in modo da rendere evidente il valore del loro lavoro e anche quello del loro ruolo di consumatrici.Lo sciopero è ispirato da una sempre maggiore sensibilità alle questioni dell’uguaglianza di genere ancora irrisolte, come il cosiddetto “gender wage gap”, cioè il divario tra gli stipendi di uomini e donne, e l’accesso alle operazioni di interruzione di gravidanza. L’Italia è ultima in Europa per numero di donne manager e seconda per la maggiore differenza salariale rispetto agli uomini. E’ quanto emerge dai dati Eurostat pubblicati in occasione dell’8 marzo. Il quadro complessivo europeo non è migliore: i due terzi delle posizioni manageriali nell’Ue sono occupate da uomini (4,7 milioni contro 2,6 milioni) e, nel caso in cui vi sia una donna, questa viene retribuita in media il 23% in meno per le stesse funzioni dirigenziali. Le donne, quindi, nonostante rappresentino approssimativamente metà degli occupati nell’Ue, continuano a essere sotto rappresentate tra i manager. In base ai dati 2014 relativi alle imprese con 10 o più dipendenti, l’Italia insieme a Germania e Cipro è il Paese Ue con il minor numero di donne manager, appena il 22%, seguita a breve distanza da Belgio e Austria (23%), e Lussemburgo (24%). La media europea è di appena il 35%. Anche sul fronte dei salari l’Italia è maglia nera, seconda a quasi pari merito con la prima che è l’Ungheria, per il gap più ampio tra gli stipendi pari a un terzo: una manager italiana guadagna il 33,5% in meno rispetto a un suo collega uomo, mentre in Ungheria lo scarto è del 33,7%. ritornando allo sciopero, oggi in Italia ci saranno cortei, assemblee in piazza e in vari edifici pubblici: scuole, ospedali e università. I sindacati Usi, Slai Cobas, Cobas, Confederazione dei Comitati di Base, Usb, Sial Cobas, Usi-Ait, Usb, Sgb, Flc e Cgil hanno aderito allo sciopero, per cui la maggior parte dei servizi di trasporto saranno sospesi e anche molti insegnanti sciopereranno. Il tema principale su cui si manifesterà in Italia è quello della violenza sulle donne, ma non è l’unico. Si parla per esempio della “trasformazione dei Centri Antiviolenza in servizi assistenziali” stabilita con un emendamento della Legge di Stabilità del 2015, che di fatto obbliga le donne che dopo aver subito violenza decidono di rivolgersi al pronto soccorso ad avviare un percorso giudiziario: questa misura è stata molto criticata al momento della sua introduzione dai Centri Antiviolenza e dalle associazioni che si occupano di aiutare le donne che hanno subito violenze, poiché queste donne spesso sono riluttanti a denunciare chi abusa di loro e quindi c’è il rischio che non si facciano curare e non si rivolgano ai Centri Antiviolenza. Sempre sul tema della violenza sulle donne, le scioperanti chiederanno la piena applicazione della Convenzione di Istanbul, contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 ed aperta alla firma l’11 maggio 2011 a Istanbul (Turchia). Il trattato si propone di prevenire la violenza, favorire la protezione delle vittime ed impedire l’impunità dei colpevoli. La Convenzione di Istambul è stata ratificata dall’Italia ma senza un vero recepimento.
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IL COMMENTO. NO AGLI SCIOPERI AD MINCHIAM. di Selvaggia Lucarelli. Vorrei capire cosa ci azzecca lo sciopero dei mezzi di domani 8 marzo col nuovo femminismo. Per quel che mi riguarda, io abbraccio tutte le lotte per combattere la violenza di genere e acquisire i nostri sacrosanti diritti, ma rifiuto e contesto pure i disagi gratuiti ai cittadini che hanno bisogno dei mezzi pubblici. Tra l’altro, il principale disagio sarà per le donne con lavori precari che lo sciopero non potranno permetterselo e magari resteranno pure a piedi. Domani è l’8 marzo, non il primo maggio. Esistono modi più creativi ed efficaci per farsi sentire. E io sono per le donne, non per gli scioperi ad minchiam. 

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