Una classe dirigente inadeguata.

I dati economici che cadono come macigni sulle macerie di un’Italia dilaniata dagli scandali e dalle ruberie, spolpata viva dalla corruzione e dall’evasione fiscale, sono di una gravità inaudita e senza precedenti. Eppure in un contesto economico favorevole come non accadeva da decenni – con l’euro più debole nei confronti del dollaro, il petrolio a prezzi da saldo, il quantitative easing che ha immesso liquidità in abbondanza, i tassi d’interesse prossimi allo zero e un gettito fiscale che seppure provenendo sempre e soltanto dai “soliti fessi” continua a portare milioni e milioni di euro nelle casse dello Stato – l’Italia non solo non riesce a decollare, rimanendo zavorrata sul fondo del baratro, ma non ce la fa neppure a salire sul gradino più basso della ripresa.
Ma perché siamo caduti così in basso? Perché siamo relegati a fanalino di coda dei paesi industrializzati? Qui, stavolta, l’euro, la finanza, la globalizzazione dei mercati e tutti gli alibi portati avanti per giustificare lo “sfascia Italia” non c’entrano proprio un bel niente. Il fatto tristemente grave è soltanto uno: il Paese è rimasto per troppo tempo nelle mani di una classe dirigente inadeguata.

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