UE, esserci o non esserci questo è il Brexit: dentro o fuori!
Comunque l’Inghilterra, euro o non euro, è uno Stato importante in Europa, e non solo, e, d’altro canto, far parte dell’Ue ha permesso alla Gran Bretagna di non rimanere isolata rispetto a decisioni importanti in materia di economia e geopolitica. E poi c’è la questione del welfare state. I cittadini europei vedono la Ue come garante dello stato sociale: da Lisbona a Helsinki, le persone oscillano fra speranza e paura quando si tratta del futuro del “welfare state”. Soprattutto, i cittadini sono preoccupati per le pensioni e l’assistenza agli anziani. La maggioranza conta sull’Ue per conservare gli standard di assistenza sociale e vorrebbe addirittura che Bruxelles assumesse un ruolo più attivo. Ma allora perché i britannici vogliono uscire dall’Unione Europea, o almeno una parte abbastanza significativa di essi da convincere il governo a tenere un referendum sul Brexit? Le motivazioni di Londra derivano soprattutto dalla eccessiva immigrazione verso il Regno Unito da parte di migranti provenienti dai “nuovi paesi” del blocco europeo, ovvero dell’est europeo, e dagli eccessivi legami (visti anche come mancanza di sovranità) che quest’appartenenza causa, soprattutto considerando l’obiettivo da sempre dichiarato di rendere l’Unione Europea sempre più stretta, obiettivo contro il quale la Gran Bretagna, infatti, si batte. Il concetto, quindi, è che se la Gran Bretagna uscisse dall’Unione Europea potrebbe avere autonomia decisionale su tutto, a partire dalla questione immigrazione.Le conseguenze di una Brexit, comunque, avrebbero sicuramente un grosso impatto commerciale ed economico, visto che complicherebbero non poco i legami e gli scambi tra la Gran Bretagna e gli altri paesi Ue. comunque, i favorevoli alla Brexit si concentrano, tra le altre cose, anche sui 13 miliardi di sterline che il paese ogni anno manda a Bruxelles e che verrebbero risparmiati; sempre i favorevoli segnalano come l’Unione Europea sarebbe costretta a mantenere i suoi legami commerciali con la Gran Bretagna, grande importatrice di beni e servizi. I contrari, invece, segnalano come le compagnie straniere avrebbero meno interesse a investire in Gran Bretagna, causando una perdita di ricchezza e anche di posti di lavoro. Per contro, però, l’uscita dalla Ue ridurrebbe le esportazioni dal Regno Unito e renderebbe le importazioni più onerose. Inoltre, considerando la straordinaria quantità di lavoratori stranieri che si trovano in Gran Bretagna (tre milioni), non solo Londra dovrebbe affrontare una sorta di inferno burocratico, ma rischierebbe anche di fare un grosso favore a Parigi, che potrebbe prenderne il posto di capitale finanziaria in seguito alla ricollocazione di molti lavoratori. Ma al di là di speranze e considerazioni soggettive, converrebbe dal punto di vista economico alla Gran Bretagna uscire dalla Unione Europea? Sembrerebbe proprio di no, almeno in prima battuta. Il costo sarebbe certamente sproporzionato agli eventuali vantaggi. Ai britannici la “Brexit” costerebbe 313 miliardi di euro con il Pil in contrazione del 14% nell’arco di 12 anni. Nel caso dello scenario più accomodante la perdita pro capite del Pil si attesterebbe a 220 euro, mentre nel caso di scenario più sfavorevole la perdita pro capite arriverebbe a 1025 euro. Per contro una Gran Bretagna staccata dall’Ue potrebbe farsi gli affari propri e, ad esempio, potrebbe essere libera di chiudere le sue frontiere ai migranti. Insomma, la libertà ha un prezzo, e adesso sta ai britannici decidere se tornare liberi o restare chiusi nella gabbia dorata di Bruxelles sotto le grinfie della Germania.
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