Tour de France 2023. Vingegaard, la consacrazione di un campione.

di Alberto Sigona. Jonas Vingegaard si conferma un campione, andando a vincere senza tanti patemi il secondo Tour de France consecutivo, palesando una supremazia debordante.

Seconda piazza ancora per Pogacar (giunto alla corsa gialla in condizioni fisiche non eccelse), che forse paga la pretesa, eccessiva nel ciclismo moderno, di voler competere sia nelle classiche, sia nelle grandi corse a tappe qual è appunto la Gran Boucle.

Fino alla 16^ tappa sembrava un Tour de France destinato a risolversi nelle ultime asperità. La sfida fra lo sloveno Tadej Pogacar (vincitore della corsa nel 2020 e nel 2021) ed il campione uscente, il danese Jonas Vingegaard, pareva una di quelle contese gomito a gomito avviate a concludersi sul filo di lana, magari per divergenze minime nell’ordine dei secondi. I due contendenti davano la netta impressione di equivalersi a vicenda in maniera rigorosa, persino troppo, per un duello che non lasciava presupporre un epilogo anticipato sui tempi.

Per una manciata di secondi il capitano della Jumbo comandava le ostilità, ma il leader della UAE non desisteva dal fargli sentire il respiro sul collo, tentando più volte di sopravanzare con una certa sfrontatezza il rivale, approfittando dei percorsi più insidiosi, delle montagne più aspre, salvo vedersi rintuzzare puntualmente i suoi attacchi da un “Vinge” assai restio a cedergli lo scettro. L’equilibrio perfetto però si sarebbe spezzato nell’unica frazione a cronometro prevista in calendario, con la maglia gialla che rifilava al suo principale antagonista uno di quei distacchi che in genere sono in grado di porre la parola fine al prosieguo dei sogni altrui.

È stato proprio a Combloux che lo sloveno ha mostrato le prime crepe del suo stato di forma, iniziali avvisaglie della grave crisi che il giorno seguente lo avrebbe scalzato definitivamente dall’avamposto delle speranze gloriose. A sigillare ogni spiraglio di rivalsa, infatti, sarebbe arrivata la terribile frazione montuosa che portava la carovana gialla a Courchevel, dopo aver affrontato una lunga serie di durissime asperità.

Lì Vingegaard si è mostrato in gran spolvero, volando sulle rampe più maestose, mentre Pogacar è letteralmente crollato. A fare la differenza, probabilmente, non è stato il diseguale livello qualitativo assoluto dei due sfidanti ma può darsi che sia stata la diversa preparazione allestita dai due protagonisti. Lo scandinavo preferisce approntare i suoi intenti esclusivamente in funzione della corsa francese, centellinando per bene le proprie energie psicofisiche.

Pogacar, al contrario, propende per una stagione decisamente più lunga, che inglobi anche le classiche di primavera. La scelta dello sloveno è però molto più dispendiosa, e mal si sposa col ciclismo moderno, in cui pensare di competere ad altissimi livelli per parecchi mesi può apparire decisamente rischioso, soprattutto distante da ogni logica e fuori dal tempo.

Oggi, infatti, lo sport ha toccato un grado di perfezione maniacale, quasi assoluta, e ogni atleta che si rispetti deve necessariamente specializzarsi o nelle corse di un giorno o nelle corse a tappe, e non può lasciare nulla al caso, tutto viene studiato e preparato nei minimi dettagli, e basta una virgola fuori posto per far andare in frantumi i propri obiettivi. Perciò scegliere di concentrarsi unicamente sul Tour (che a qualcuno potrebbe sembrare una tattica rinunciataria) può essere stata l’arma vincente del danese.

C’è da dire però che a giocare contro Pogacar può esserci stata altresì la sin troppo accelerata preparazione in chiave Tour, resasi necessaria dopo l’infortunio patito alla Liegi Bastogne Liegi, che lo aveva costretto ad un considerevole stop. Un’accelerazione fuori programma che può averlo condizionato non poco, mandandolo fuori giri proprio nella parte decisiva e più dura della stagione.

Ad ogni modo ciò non sminuisce i meriti superlativi di Jonas, che ha confermato le sue eccellenti doti di corridore completo, abilissimo a domare ogni insidia, trovando la consacrazione che in molti si attendevano. Così il terzo duello fra i due assi del pedale ha visto prevalere per il secondo anno di fila il biker della Jumbo, il quale si appropinqua ad imboccare la scia dei grandi del ciclismo mondiale all time.

Per quanto concerne gli altri protagonisti della corsa francese segnaliamo ovviamente il velocista belga J. Philipsen, quasi imbattibile negli arrivi in pianura a ranghi compatti; i gemelli A. e S. Yates, che con le loro prestazioni – da primissimi posti della Generale – hanno conferito un po’ di antico e sano romanticismo allo sport freddo e calcolatore dei tempi moderni (da libro Cuore l’arrivo della 1^ tappa); e naturalmente una nota di merito conclusiva va riservata al nostro Giulio Ciccone, unico azzurro, fra i pochissimi schierati in questo Tour, ad aver onorato la nostra bandiera, conquistando una storica maglia a pois (che contraddistingue il re degli scalatori) che in Italia latitava da decenni, salvando una spedizione per il resto avara di soddisfazioni.

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