Quirinale, ecco il Presidente che serve all’Italia.

di Corrado Passera. In tanti lo considerano evento scontato anche se c’è chi, come Italia Unica, si ostina a sperare che arrivi un ripensamento vista la qualità di una presidenza che ha pilotato con grande saggezza e mano ferma l’Italia tra marosi assai difficili. Tuttavia nei palazzi della politica è convinzione assodata che nel messaggio di fine anno – il nono, ed è un record – Giorgio Napolitano annuncerà la decisione di dimettersi e, di conseguenza, comincerà la partita per la successione al Colle. Partita che, tra politici ed osservatori, viene unanimemente considerata il passaggio decisivo per la sorte della legislatura e in ultima analisi, anche della leadership di Matteo Renzi.
Molto si è scritto su questo appuntamento e molto altro si scriverà e discetterà. A partire dal metodo cui devono attenersi i Grandi Elettori (parlamentari e rappresentanti regionali) per individuare la persona giusta per ricoprire l’incarico. Bene, se è così arriviamo subito al nocciolo del problema. Per quel che finora si è visto, il metodo che gode di maggiore considerazione anche dalle parti di palazzo Chigi sembra consistere in una sorta di sabba sul nome più gradito o ritenuto tale, e dai conseguenti maneggi per avvivare a trovare consensi sufficienti per l’elezione. Ebbene se il metodo è davvero quello, certamente si tratta del più sbagliato. A giudizio di Italia Unica, infatti, il ragionamento va completamente rovesciato. Prima del nome vanno individuate le caratteristiche che devono contrassegnare chi va collocato sullo scranno più alto della Repubblica, e solo dopo aver raggiunto una soddisfacente intesa su tali criteri, si può procedere alla scelta della persona. Si tratta di un percorso meritocratico che a nostro avviso deve fare da bussola in tutte le scelte, e perciò a maggior ragione per quelle più delicate. La meritocrazia stabilisce che prima si definiscano le caratteristiche salienti di chi deve svolgere un incarico e poi si proceda all’individuazione fisica del candidato. Mai il contrario; sapendo che si tratta di una strada che, imboccata, quasi sempre produce disastri. Tipo quelli che determinarono l’impasse di un anno fa, con il Parlamento bloccato e i leader dei principali partiti in fila indiana sul Colle per chiedere a Napolitano di restare. Solo la grande generosità del Presidente evitò il collasso istituzionale. Ma quali sono le caratteristiche che devono contraddistinguere il nuovo capo dello Stato? Ad avviso mio e di Italia Unica principalmente tre. 
La prima è l’autorevolezza. Interna ed internazionale. Bando alle facili promesse: gli anni che ci aspettano non saranno né facili né scorrevoli. L’Italia è attesa da sfide tremende che non sono solo economiche, ma che nell’economia trovano alimento e spessore. Occorre offrire una concreta speranza lavorativa a quasi dieci milioni di persone senza lavoro o sfiduciate e ad un’intera generazione di giovani che altrimenti rischiano la disperazione e la precarietà a vita; occorre sburocratizzare l’apparato pubblico secondo criteri di efficienza e produttività; occorre ridimensionare il carico fiscale diventato ormai insopportabile; occorre ridisegnare l’intelaiatura istituzionale e stabilire una legge elettorale di stampo europeo; occorre sradicare la mala pianta della corruzione e recidere i tentacoli che avviluppano politica ed affari in un abbraccio mortale. Si tratta solo dei titoli di testa di una lunghissima lista che ormai troppi recitano nei salotti tv come fosse una stanca giaculatoria. Per garantire che questo immane compito sia perseguito con prudenza e saggezza da governo e Parlamento – senza velleità sostitutive o tentazioni interventiste ma nel totale rispetto delle prerogative costituzionali, prima fra tutte quella che assegna solo al Presidente il potere di scioglimento delle Camere – è indispensabile che sul Colle sieda una persona dotata di solida credibilità sia verso gli interlocutori interni sia verso le cancellerie ed i mercati internazionali. In sintesi: serve un personaggio di polso e di prestigio, non un taglianastri. 
La seconda qualità che deve possedere il successore di Napolitano è la competenza istituzionale unita a conoscenza e consapevolezza dell’incarico da svolgere. L’idea che si possa chiamare a ricoprire un ruolo delicatissimo, vero ganglio vitale dell’intera architettura del sistema politico, un personaggio magari anche conosciuto e “popolare” che si è reso famoso in settori completamente estranei a quello politico, è frutto di una concezione avventurista delle istituzioni che se inverata sarebbe foriera di danni non facilmente recuperabili, con il pericolo di minare in maniera forse irreversibile la già non eccelsa considerazione di cui gode, magari per vari versi immeritatamente, il nostro Paese. Mai e poi mai, per intenderci, un presidente chicchessia. Tanto famoso quanto futile. Come un pennacchio. 
La terza qualità, infine, è forse la più importante perché attiene all’indipendenza di giudizio e all’equilibrio di valutazione. Comunque proceda infatti in Parlamento il cammino di Italicum e riforma del Senato, è evidente che l’intelaiatura istituzionale è obbligatoriamente destinata nel prossimo futuro a mutare in profondità. Per scongiurare ogni eventualità di incidenti di percorso o di strumentalizzazioni in settori fondamentali della vita democratica, è decisivo che chi è chiamato ad esercitare il ruolo di arbitro possa svolgere il suo compito al riparo da incursioni politiche o di schieramento volte a indirizzare o addirittura condizionare le scelte del presidente della Repubblica. La griglia è questa. Non è importante che il nuovo capo dello Stato sia di destra o di sinistra, uomo o donna, giovane o anziano, espressione di un accordo nel perimetro della maggioranza o di intese con tutto o parti di questa o quell’opposizione. Quel che davvero importa è che sia un nocchiero autorevole, indipendente, credibile. Il metodo giusto è individuare una figura che racchiuda in sè tali caratteristiche. Il resto sono manovre di piccolo cabotaggio che non producono altro risultato che svilire un panorama già sufficientemente cupo. È questo ciò che il Paese si aspetta da una classe politica conscia delle sue responsabilità.

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