Quei favolosi anni ’60, quando ‘impugnare’ la chitarra era sinonimo di rivolta sociale.

di Pier Giorgio Tomatis. Chi è nato negli anni ’50 e ’60 ha respirato un’atmosfera unica nel suo genere. Soltanto una Legge iniqua e socialmente devastante come quella denominata “La Fornero” ha potuto guastare un periodo storico caratterizzato dal fiorire di grandi artisti e fenomeni senza tempo. Tutto ciò che ha un forte valore nella storia della musica contemporanea è nato alla fine degli anni ’50 e si è spento agli inizi del ’70. Sia chiaro, il fenomeno musicale ha saputo comunque produrre capolavori e geni
anche nel periodo successivo ma a cambiare è l’intensità del fervore artistico. Sembrava quasi che i cosiddetti “favolosi anni ’60” fossero stati capaci di concentrare in quel decennio il meglio ed il di più… Quasi tutto ciò che è nato e piace abbia messo radici in quel particolare momento storico. I gruppi musicali, i cantanti, le idee, i generi, negli anni ’60 c’era solo l’imbarazzo della scelta. Poi, il tempo è trascorso. Le lancette dell’orologio hanno continuato a ticchettare inesorabilmente e tutto è tornato alla normalità. Una delle cose che ha riportato la musica sulla Terra è stata la protesta. Impugnare una chitarra in quegli anni era un vero e proprio gesto di protesta e di lotta per il riconoscimento dei diritti dell’uomo, della donna, del lavoratore, del povero… Non c’era artista che non si cimentasse nella scrittura di canzoni che diventavano veri e propri inni contro questa o quella guerra (il Vietnam era tra le più gettonate). E quei suoni valicavano i confini degli Stati e colpivano più duro degli spari di mille cannoni. Le parole delle canzoni ferivano i burocrati e calpestavano i gradi militari come e peggio di una rivolta sociale. Peccato che diversi decenni dopo il successo economico abbia ammutolito questa grande arma (la più grande di tutte) con la quale il popolo aveva saputo bacchettare le ambizioni dei potenti di turno. Oggi, con la Crisi economica che sta falcidiando il mondo i nostri cantori non riescono ad ispirarsi per una rivolta impugnando le proprie chitarre e camminando davanti a tutti. Oggi dobbiamo assistere inermi all’ascolto di canzoni come “Oh, vita” e che non sono nemmeno dei blues… Che tristezza.

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