Per non dimenticare. di Luciana Piddiu

di Luciana Piddiu. Bene ha fatto Antonio Politonel suo articolo del 4 Gennaio dedicato a Roma – a citare l’analisi di Marc Auge’ sui non–luoghi.

Spazi urbani privi d’identità come Corso Francia, il Gra, o viale Cristoforo Colombo: una volta si sarebbe detto luoghi privi di anima, dove esseri umani si sfiorano, si incrociano, si calpestano talvolta ma non si incontrano mai, invisibili gli uni agli altri. Luoghi privi di senso che favoriscono e sublimano lo spaesamento e l’alienazione esistenziale di chi li attraversa e li frequenta.

Uno di questi non-luoghi è ormai diventato tristemente famoso per il terribile incidente che è costato la vita a due adolescenti che mano nella mano attraversavano in piena notte, sotto una pioggia battente, la strada a scorrimento veloce per tornare a casa.

A investirle un giovane ventenne cui solo da poco era stata restituita la patente, ritirata in precedenza per gravi infrazioni al codice della strada.

Il giovane guidava in stato di ebbrezza, privo della lucidità necessaria quando si ha in mano un mezzo che può diventare un’arma mortale.

Allo stesso modo qualche giorno dopo in tutt’altro contesto, un borgo di montagna innevato e accogliente, un ventisettenne ha falciato senza scampo un gruppo di ragazze e ragazzi tedeschi, uccidendone sette.

La lista dei morti per mano di chi guida in stato di confusione mentale vuoi per uso di stupefacenti vuoi per abuso di alcool potrebbe continuare. Nei giorni successivi alla strage dei ragazzi tedeschi due donne sono state investite e uccise all’uscita dalla discoteca da un pirata della strada con modalità analoghe.

Ma per ora mi fermo qui nella conta dei lutti per fare qualche considerazione.

Se è vero – come ha magnificamente scritto Polito – che i non–luoghi attirano gli scarti delle nostre vite e producono incessantemente una sorta di discesa agli inferi, come i fatti di cronaca testimoniano quotidianamente, non è affatto condivisibile la conclusione che ne trae  il giornalista quando scrive: ”Roma giace col suo grande cuore frantumato e ogni tanto per crudeltà spezza la vita e i sogni di due adolescenti”.

Manca nell’analisi del giornalista il fattore principale che scatena questi eventi. Non sono gli spazi urbani alienanti (del resto al borgo di montagna non è estensibile questa analisi) la causa delle tragedie notturne, ma sono i non-luoghi della mente: il vuoto mentale – oserei azzardare – di chi segue di notte l’imperativo categorico della ricerca del piacere a tutti i costi. Piacere come stordimento, come perdita di sé, come svago senza limiti. Del resto per restare svegli fino alle luci dell’alba qualcosa bisogna pur prendere.

Ma il vuoto mentale affetta anche gli adulti che invece di educare i propri figli a essere responsabili delle proprie azioni, a impiegare il proprio tempo libero in attività come la lettura, il teatro, la convivialità, il contatto con la natura, lasciano correre perché cosi fan tutti ed è faticoso mettere dei limiti e agire il conflitto coi propri figli.

Per essere in sintonia con la modernità si rinuncia a educare, si vuole soprattutto essere amati dai figli e ammirati dai loro amici. Ma il percorso per divenire umani è un percorso duro, difficile e faticoso. Bisognerebbe insegnare innanzitutto ai ragazzi che la vita è preziosa e va ben vissuta, non consumata e gettata via. Occorrono disciplina, impegno e l’amorevole accompagnamento dei genitori cui spetta il compito di dare l’esempio e non di far credere che la vita è un parco giochi il cui unico scopo è il divertimento e il consumo.

In tutte queste vicende un altro elemento disturba profondamente: l’atteggiamento degli avvocati degli autori degli omicidi stradali.

Si precipitano a rilasciare interviste annunciando urbi et orbi che i loro assistiti sono devastati da quanto accaduto. Come se la morte fosse piovuta dal cielo e non ci fossero dei responsabili degli eventi luttuosi. Ma questo che ha il sapore agro di una excusatio non petita è già una prima mossa per cercare di attenuare la gravità del male commesso, facendo leva sulla compassione per i ‘poveri’ ragazzi che potrebbero essere condannati in sede di giudizio, vedendosi rovinata la giovinezza.

Allo stesso modo non si puo’ – per onestà intellettuale – dire, come è stato detto nel caso di Gaia e Camilla che la tragedia ha colpito tre famiglie equiparando il dolore della perdita irrimediabile di un figlio allo sgomento o al dispiacere dei genitori chiamati a rispondere della condotta irresponsabile del loro rampollo.

Se anche l’autore dell’omicidio stradale delle due sedicenni venisse condannato, avrà davanti a sé tutta la vita per ricostruirsi un’esistenza.

Non altrettanto si puo’ dire per le ragazze cancellate in un soffio dalla faccia della terra, i cui genitori sono stati già condannati all’ergastolo della perdita senza ritorno.

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2 Responses

  1. gabriella'70 ha detto:

    Ci vogliono più controlli da parte delle autorità ma anche delle famiglie, altrimenti saranno sempre di più i ragazzi che dovremmo ancora piangere.

  2. Giacomo-TO ha detto:

    L’automobile ha prodotto e produce: Mutilati, invalidi, feriti, MORTI!!!
    L’automobile è un formidabile business e quando c’è di mezzo il denaro l’uomo scompare purtroppo.
    A Torino, nella città dove abito da sempre tantissimi attraversamenti pedonali, sono privi di.
    1) SEmaforo.
    2) SEmaforo con infrazione del rosso.
    3) Dossi che obblighino a rallentare.
    Eppure la cosa non interessa a nessuno:mettere in sicurezza gli attraversamenti pedonali non interessa e non rende elettoralmente.
    Automobilisti che corrono, parlano al telefono,.., l’importante è vendere auto e guadagnare, se poi qualcuno ci rimette l’Avvocato insegnava W l’automobile.
    Questo è purtroppo il Paese nel quale viviamo e in tanti ci lasciano la pelle in nome della cultura dell’auto dell’avvocato che RIP.

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