M5s, la perduta verginità e l’alleanza con il nuovo aspirante duce. di Enzo Sanna

di Enzo Sanna. Guarda un po’, sembra che a distanza di pochi giorni il “caso Lanzalone” evapori dalle prime pagine dei giornali come dai Talk-show di tutte le TV.
I lettori ricordano di che cosa stiamo parlando? No? Eppure sono passati solo giorni, non settimane, né mesi. Ecco le parole del Giudice in merito alla istanza di Luca Lanzalone, presidente dimissionario di ACEA Roma, di richiesta di attenuazione delle misure cautelari: «… il contesto probatorio di estrema gravità, in ragione della spregiudicatezza e pervicacia dimostrata dal Lanzalone nell’asservire la propria pubblica funzione agli interessi del privato…» (fonte Corriere della Sera, Cronaca di Roma).
Dunque il caso che coinvolge il sindaco di Roma Virginia Raggi, i “proprietari” del M5S Grillo e Casaleggio, la Lega di Salvini come anche il PD, indicati dai giudici chi coinvolto a vario titolo, chi persino quale beneficiario della per ora presunta azione criminosa del Lanzalone e banda collegata, sembra relegato alle pagine di cronaca giudiziaria locale, non più meritevole di titoli a caratteri cubitali in prima pagina. Eppure sono coinvolti nella faccenda nientepopodimenoché gli azionisti dell’attuale governo leghista-grillino nonché dell’attuale opposizione del PD!
Ma come! I grillini non erano coloro che dovevano “rivoltare la calza”? Ora sosterranno che, essendo la calza troppo sporca, anche rigirandola non cambia granché; tanto vale infilarsela senza lavaggio. E infatti! Chi scrive non prova alcuna sorpresa perché già in tempi non sospetti individuava nell’azione bluff dei grillini la massima espressione dell’ipocrisia politica e, come tale, un pericolo incombente per la democrazia rappresentativa sulla quale si radica la nostra civiltà. Qualcuno sostiene che i cinquestelle abbiano perso la loro verginità. La concretezza dimostra che non l’hanno mai avuta, la verginità. Forse qualcuno di loro sarà pure passato per qualche ospedale di Casablanca per farsela ricostruire, la verginità, ma gli esiti sono di fronte a tutti, anche a chi finge di non aver compreso.
Il “premio” di Grillo e Casaleggio a Lanzalone per i suoi alti servigi, cioè la presidenza ACEA, formalmente affidata all’uomo da una Virginia Raggi arrendevole, insipiente, inutile, prona verso i “proprietari” della formazione politica di cui fa parte, la dice lunga su chi siano questi personaggi pronti a sparare tremende bordate contro gli avversari, però altrettanto abili a quietare, quando a trovare il modo di celare, le loro madornali, macroscopiche magagne. Solo per fare memoria agli smemorati elettori grillini, si vuole ricordare loro la (giusta) caciara messa in atto per mesi quando l’allora Ministro del Lavoro, il dannoso Giuliano Poletti, venne fotografato in una sala di ristorante con, a un tavolo separato, la presenza di un boss della mala. E ora, di fronte a un Casaleggio colto a pasteggiare “face to face”, non a un tavolo separato, insieme a Lanzalone il giorno precedente all’arresto, ops, si tace o si minimizza o, peggio, si giustifica! Provare un moto di schifo è forse esagerato?
Veniamo agli alleati di governo, quei leghisti salviniani che sempre di più scivolano verso il fascismo, ma mica un “nuovo” fascismo, magari attualizzato nelle forme e nei modi. Loro addirittura riesumano antiche parole d’ordine del “regime” in materia di razzismo come anche di protezionismo commerciale condito da un imbecille nazionalismo alla Trump, raccogliendo consensi a iosa nel cosiddetto “popolo”. Eccolo, allora, il nuovo aspirante duce arringare le folle non più in piazza Venezia ma dalle affollate “piazze digitali” dei “social”, sparando giorno dopo giorno il suo banale “verbo” indirizzato al medesimo “popolo” che plaudiva a suo tempo le imbecilli sparate in piazza Venezia a Roma quando il duce, quello di allora, faceva passare per vittorie le cocenti sconfitte inflitte al suo regime in ogni dove per l’Africa e il Medio Oriente. Ma Salvini, ahi lui, sembra abbia letto la storia fermandosi all’assedio di Macallè.
Il “nostro” ministro Matteo vuol dimostrare al “popolo”, a ragione, di essere lui a governare, mica Conte o Di Maio. Però attenzione, Salvini, il ministro del “fo’ tutto io” rischia seriamente di finire nel “fottuto io”, come il suo omonimo (di nome proprio) Renzi. Intanto prendiamo atto che il “nostro eroe” Salvini è riuscito a farsi mandare a quel paese persino dal governo libico! Ma lui trasforma in “successi” anche tali scoppole, come ha imparato dal suo “faro politico e ideale Mussolini” (definizione di Bossi).
Ma cosa pretendiamo se in Italia un giovane su quattro è NEET, acronimo inglese per indicare chi non studia, né lavora, né cerca lavoro e magari vota M5S illudendosi di aver assicurato il “reddito di cittadinanza”? Durerà? Il reddito di cittadinanza a 1600 euro al mese, promesso durante la campagna elettorale, è già evaporato riducendosi a circa 700 euro e mica per tutti i disoccupati, ma solo per coloro che accettano di “lavorare” almeno 8 ore la settimana per il comune di residenza, insomma, né più né meno dei “vecchi” lavori socialmente utili. Ma loro, i furbetti grillini, continuano a chiamarlo reddito di cittadinanza. Per contro, la leghista flat tax al 15% si è già dissolta con l’ipotesi di nuovi scaglioni, anche se i furbetti leghisti continuano a chiamarla flat tax, e poi solo per le aziende. Per le famiglie se ne riparlerà nel 2020! Voi ci credete? Auguri.
Volete un esempio del punto a cui siamo arrivati? Andate a recuperare i recenti streaming del giornalista circense Marco Travaglio che fa l’equilibrista tentando di barcamenarsi nella fumosità delle dichiarazioni dei suoi beniamini al governo. Per chi scrive è una goduria sentirlo blaterare, cianciare, tentare di assumere la difesa d’ufficio della ciurma governativa con stampato in faccia, la sua, il solito sorriso di sufficienza, ma oramai divenuto di sofferenza, di chi sa di averla persa a priori, ancor più quando si trova di fronte giornalisti del calibro di Vittorio Zucconi o di Marco Damilano. Cosa dire se non che con l’attuale governo ci troviamo di fronte ai peggiori venditori di fumo da che esiste la Repubblica italiana, persino peggio del maestro Renzi, già profittevole alunno del professor Berlusconi? Pensate, Di Maio va all’assemblea di Confartigianato e spara le sue amenità in materia di dazi.
Ciò che stupisce è l’applauso della platea d’imprenditori. Ecco perché, viene da considerare, l’Italia va a “ramengo” con una simile classe imprenditoriale miope, arraffona e insipiente, pronta ad applaudire alla prima stupidaggine che le viene “sparata” dal podio. A costoro la precedente esperienza di Berlusconi non ha insegnato un cavolo! Sono recidivi, dunque ancor più colpevoli. Questo è il populismo? Sembra di sì. Chi vuole se lo goda, per quanto dura. Ma dopo, per cortesia, non vada a piangere sulle macerie che, a vedere come si profilano le cose, si sommeranno alle macerie precedenti. E noi, in Italia, di piangere sulle rovine procurate dai terremoti ne sappiamo qualcosa, mica di prevenirne i danni scongiurandoli con politiche sagge.

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