Angela Merkel, una lady di ferro tra le macerie di un’Europa di pezza divorata dalla crisi e messa in ginocchio dal debito pubblico, sembra cedere sulla possibilità di sforare il fatidico 3% del fiscal compact, e sembrerebbe disposta anche a chiudere un occhio qualora paesi deboli come Italia, Spagna, Grecia e Portogallo allentassero i cordoni della spesa pubblica riprendendo a fare debito pur di far rifiatare l’economia nazionale. E Renzi si fa grande: “Non bisogna andare a Bruxelles con la solita macchietta per cui l’Italia deve alzare la voce, ma ci si deve impegnare ad alzare l’asticella delle ambizioni anziché la voce”. E promette soluzioni per tutto e per tutti: per i cassintegrati, i disoccupati, gli anziani, i giovani, gli immigrati, la scuola, la giustizia, la pubblica amministrazione. Insomma, ne ha per tutti. Ma c’è da stare sereni? A suo dire sì, siamo in una botte di ferro! Ma è come chiedere all’oste del suo vino. A chiacchiere è bravo, non lo batte nessuno. Salvo il fatto che poi non spiega come realizzare il “secondo miracolo italiano” dopo quello mai realizzato da Silvio Berlusconi.
Ma stavolta rischiamo di brutto. Rischiamo di fare la stessa fine dell’Italia di Prandelli: uscire dall’eurozona con le ossa rotte!
L’Italia di Cesare Prandelli e l’Italia di Matteo Renzi sono le due facce di una stessa medaglia: il fallimento!
Comunque, per quanto riguarda il futuro del Paese, Renzi diffonde ottimismo a piene mani, rispolvera l’orgoglio italiano, prende tempo e fa quello che gli riesce meglio: chiacchiere e promesse! Promette da una parte che l’Italia non starà più sotto botta della Germania di Angela Merkel “o l’Europa cambia direzione di marcia o non esiste possibilità di sviluppo e crescita”, e dall’altra annuncia in pompa magna “un pacchetto unitario di riforme che si sviluppa su un arco di tempo sufficiente, un medio periodo politico di mille giorni: dal primo settembre 2014 al 28 maggio 2017”.
Insomma, si passerà dal fisco all’agricoltura, dal welfare alla pubblica amministrazione, pur di restare al governo fino al termine di una legislatura per la quale Matteo Renzi non è stato mai eletto, ma nominato. Un piano omnicomprensivo che il premier si guarda bene dal dettagliare. Le promesse, guarda caso, sono le stesse che fece agli italiani quando lasciò Palazzo Vecchio per stabilirsi in pianta stabile a Palazzo Chigi e andò a chiedere la fiducia in parlamento: o mangiate ‘sta minestra o….
Ma la grancassa delle “riforme” continua suonare. Il fracasso mediatico di questi “tempi bui” serve solo a coprire il rumore delle saracinesche che chiudono, dei giovani che emigrano, di salari e pensioni da fame, delle ruberie e delle corruttele che imperversano in lungo e in largo per tutto lo Stivale, dei continui balzelli che il governo sforna per togliere agli italiani onesti quel poco che ancora gli rimane in tasca! Nonostante ciò, l’Italia resta incatenata alla riforma del senato e della legge elettorale come fossero le cose più urgenti per famiglie e imprese, come fossero il toccasana di tutti i mali! Ma questa è la politica renziana.
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