Passano i governi, ma il cittadino resta sempre schiavo della burocrazia!

di Alessandro Gnocchi. Cari amici, da quando sono nato, quasi cinquant’anni fa, sento dire che in Italia c’è bisogno di semplificare la burocrazia. Il cittadino deve produrre una marea di scartoffie inutili da consegnare agli sportelli delle varie istituzioni. Ci sono troppe leggi. La dichiarazione dei redditi è complicata come la fisica quantistica.

Niente da fare, se ne parlava tanto ma i risultati erano nulli. Poi è arrivato internet. E ogni esecutivo, dagli anni Novanta a oggi, ha rimesso al centro del programma la semplificazione burocratica, dicendo al pueblo: “Adesso si può fare veramente, basta chiacchiere, il digitale snellirà le procedure e farà risparmiare tempo e soldi”.

Ogni ministro della pubblica amministrazione si è vantato di aver ottenuto grandi risultati. Ma è così? Leggiamo su Italia Oggi che negli ultimi cinque anni, in nome della semplificazione, imprese e liberi professionisti devono adempiere a 53 nuovi obblighi.

Lo possono fare in digitale? Certo. Peccato che per ottenere qualsiasi cosa, sia necessario compilare formulari su formulari e fornire alla pubblica amministrazione ogni sorta di dato personale: analisi del sangue, albero genealogico dal Rinascimento a oggi, codice fiscale della bisnonna buonanima.

Insomma, passano il tempo e i mezzi di comunicazione, ma il cittadino resta al servizio della pubblica amministrazione.
A proposito di digitale, Giuseppe Marino ha pubblicato sul Giornale un articolo esilarante che rende il polso della situazione. Un comune di Roma ha avuto una idea bellissima. Per richiedere il servizio di Scuola bus, la famiglia deve compilare il modulo online “direttamente presso il comune di residenza”.

Online ma di persona, c’è scritto proprio così!

 

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