Le colpe del Presidente Ucraino Zelensky.

di Luca Anedda. Quando, in futuro, i testi di storia scriveranno degli accadimenti in corso, è molto probabile che la figura del Presidente Ucraino Zelensky avrà un posto di primo piano nella vicenda.

Certamente perché, dopo lo scoppio delle ostilità con la Russia di Vladimir Putin, la sua figura è diventata il punto di riferimento della resistenza del suo Paese e fonte di ammirazione internazionale per i suoi coraggiosi appelli in favore del suo popolo. Il rifiuto di riparare all’estero insieme alla sua famiglia, abbandonando il suo Paese all’invasione russa e il coraggio dimostrato nell’accettare rischi certamente non solo politici, lo hanno proiettato in una dimensione eroica apprezzata e riconosciuta da molti, in patria e all’estero.

Ma la storia analizzerà anche quello che Zelensky ha fatto, e soprattutto non ha fatto prima dello scoppio della guerra non dichiarata dalla Russia.

Diciamo subito che vi sono dei codici di comportamento, a livello internazionale, che servono a preservare delicati equilibri esistenti e che si fondano sui rapporti di forza tra stati e potenze. Se questi rapporti vengono a lungo ignorati si possono generare anomalie che sfociano in fenomeni incontrollabili; un po’ come il domino in cui facendo cadere il primo mattoncino, a seguire, tutti gli altri cadranno lasciando alla fine solo macerie.

      Bombardamenti

Se apostrofo una persona con un aggettivo in qualche modo dispregiativo, è probabile che tale individuo poi non sarà altrettanto gentile nei miei confronti. Nel codice che vige tra persone civili non è cosa da farsi.
Allo stesso modo supponiamo che un velivolo militare entri in contatto con un altro velivolo militare di nazionalità diversa, laddove i rapporti tra i due paesi siano poco diplomatici, e questo velivolo “agganci” il proprio missile con il suo radar di bordo al velivolo opposto, come pensate che possa reagire quest’ultimo sentendosi minacciato da un imminente attacco?

Velivoli da combattimento

Stessa cosa succederebbe tra due sottomarini nucleari che si fronteggiassero nelle profondità oceaniche: se uno dei due aprisse i tubi di lancio dei suoi siluri, l’altro potrebbe interpretare l’azione come ostile con conseguenze pericolosissime.

Sottomarini

Volendo riportare il tutto a livello internazionale si può citare il caso di Taiwan, che gli Stati Uniti a tutt’oggi non riconoscono come stato, per il semplice motivo che sarebbe uno sgarbo diplomatico pericolosissimo nei confronti della Cina, che ritiene Taiwan un suo territorio. Nella complessità dei delicati rapporti internazionali ci sta dunque che gli USA siano disposti (a parole) a scendere in guerra per difendere Taipei, ma con una buona dose di ipocrisia non la riconoscano nel consesso delle nazioni. E non lo fanno perché sanno che altrimenti provocherebbero nella Cina la stessa sensazione di colui che dal dentista sente arrivare il trapano al nervo.

Zelensky dopo la sua elezione che è avvenuta con un voto plebiscitario ha visto erodere il suo consenso tra gli ucraini nel giro di due anni e nel giugno dello scorso anno i suoi sostenitori si erano ridotti ad un 30%. Troppe le promesse fatte e non mantenute. Tra queste vi era la questione dei territori del Donbass, quelli più ad Est, popolati in maggioranza da popolazione russa.

Un’illuminante intervista di Henry Kissinger al Washington Post nel marzo del 2014 affermava come la leadership ucraina essendo molto giovane (ad oggi solo 30 anni di indipendenza) non aveva imparato l’arte del compromesso, ed ancor meno il senso della prospettiva storica. Zelensky in questo senso è rimasto nel solco di questo pericoloso retaggio.

           Henry Kissinger

Nella primavera dello scorso anno il Presidente ucraino ha completamente cambiato il suo governo ed i suoi detrattori dicono che si è circondato di ministri a lui fedeli personalmente.

Anastacia Galouchka, ucraina, esperta di politica estera e Legge internazionale, descrive Zelensky come ondivago nelle sue decisioni, privo di strategia durante la crisi pandemica che ha colpito anche il suo paese e soprattutto privo di alcuna strategia internazionale.

Vasyl Filipchuk ex Ministro degli esteri del governo ucraino tra il 2005 e 2006, in una intervista del novembre 2021, descriveva Zelensky come uno che crede nella sua stella, nella sua fortuna ed in sé stesso. Non crede né in ragionevoli alleanze né nel bilanciamento delle forze. Ed è per questo che affronta i rapporti politici interpersonali come una sfida: o con me o contro di me.

Anche la sua richiesta di adesione all’Unione Europea ed alla Nato nelle settimane precedenti l’attacco russo si inseriscono in un contesto di scarsa pianificazione e di azioni spinte più dall’intuizione del momento che non da una attenta e soppesata analisi politica della situazione. Anche il rifiuto di ascoltare alcuni suggerimenti e raccomandazioni provenienti da leader Europei e dagli Stati Uniti stessi, hanno in un certo senso accelerato gli accadimenti presenti. Gli viene rimproverato di non aver predisposto dei piani difensivi adeguati quando nei mesi scorsi era evidente il movimento di truppe russe al confine ucraino.

Insomma, la figura che sembra emergere di Zelensky pre-guerra non è certamente quella di uno statista. Forse, se uno statista fosse stato al governo dell’ucraina non saremmo a questo punto e le pretese di Putin avrebbero potuto essere in qualche modo imbrigliate. La Finlandia che ha un confine con la Russia di oltre 1200 km, e riuscita, pur avendo combattuto duramente contro l’Unione Sovietica per molti anni, a creare delle relazioni con la Russia che hanno garantito la pace fino ad oggi. E questo grazie alla lungimiranza e saggezza della sua leadership.

Difficile dire se la guerra si sarebbe potuta evitare oppure no.

Quel che è certo che a causa di questa guerra sofferenze indicibili si stanno riversando su civili incolpevoli. Un esodo biblico è in corso.

Le popolazioni degli altri Paesi guardano come ipnotizzati a questo evento bellico che non è come le altre guerre più recenti: la guerra in Iraq, quella in Afghanistan, Yemen, Siria. No, questa ha tutto un altro peso specifico. E ce ne stiamo subito accorgendo per i devastanti effetti economici che si stanno ripercuotendo pesantemente sulla nostra economia. Non c’è dubbio che, anche se il Presidente Draghi ha detto che non siamo in una economia di guerra, presto lo potremmo essere. Soprattutto per le classi meno abbienti che, come al solito, sono le prime a farne le spese. Aumenterà la fascia di povertà e delle persone che perderanno il lavoro a causa di questa guerra. E giustamente tutti sono preoccupati.

Allora è lecito chiedersi cosa Zelensky avrebbe potuto fare e che non ha fatto per evitare questa guerra.

Su questo la Storia dovrà giudicarlo. Insieme a Putin.

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