La sfida della Dawa: distruggere le istituzioni di una società e sostituirle con la Sharia.

Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e i buonisti di casa nostra, dopo ogni strage di matrice islamica, si ostinano a ripetere la solita cantasilena che la religione non c’entra, che anzi l’Islam è religione di pace e poi parlano ancora di accoglienza, integrazione, ius soli e bla, bla, bla. Per fortuna non siamo tutti sordi e ciechi davanti alla tragica evidenza dei fatti e persino alcuni intellettuali di origine africana o mediorientale squarciano il velo dell’ipocrisia,
raccontando l’indicibile, ovvero come e perchè la fede di Maometto sia incompatibile con le società europee e occidentali. Così come fa la scrittrice somala Ayaan Hirsi Ali, nel suo ultimo libro intitolato “La sfida della Dawa”, dove spiega, intervistata dal sito theintelligentconservative.com, come “Noi ci soffermiamo solo sugli atti di violenza, ignorando l’ideologia islamista che sottende tali atti”. Ideologia che trae forza dal principio della Dawa, ovvero il proselitismo islamico, molto diverso dalla religione cristiana e dalla cultura occidentale che attraverso i secoli ha saputo vincere e superare estremismi, radicalismi, fondamentalismi e fanatismi, ma che, soprattutto, è riuscita a separare il ‘potere temporale’ dal ‘potere spirituale’ all’insegna del principio ‘Libera Chiesa in Libero Stato’. Per contro, il proselitismo islamico non ha nulla a che fare con le attività missionarie dei cattolici o le opere umanitarie che i vari organi religiosi possono svolgere nel mondo. La Dawa, ribadisce la scrittrice, è un’azione di indottrinamento che riguarda la sfera sociale e politica della vita quotidiana di ogni cittadino. Non ci sono quindi anime da salvare, perché il vero obiettivo è “distruggere le istituzioni di una società e sostituirle con la Sharia”. Insomma, l’islam è innanzitutto una religione politica, una religione di Stato. E a dirlo è una donna che gli orrori dell’Islam li ha vissuti e li vive sulla propria pelle. Oggi cittadina olandese, la scrittrice è dovuta scappare dall’Europa per le sue battaglie sui diritti civili, trovando casa negli Stati Uniti. Hirsi Ali ha subito l’infibulazione in tenera età, a 22 anni suo padre decide di darla in sposa a un potentato somalo, ma nel viaggio dal Canada verso il suo Paese, Hirsi Ali riesce a scappare dalla Germania.

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