La picky austerity e il principio di uguaglianza: un contrasto inaccettabile.

di Francesca Donato. Ci risiamo. Pochi minuti fa è arrivata l’ultima, ennesima riprova dell’assoluta assenza di imparzialità, fondamento tecnico e logico e oggettività della Commissione Europea nel giudicare le leggi di bilancio dei Paesi membri al fine di approvarle ovvero di comminare ai Paesi di provenienza una procedura di infrazione per violazione dei vincoli europei.

Non fossero bastati gli ininterrotti sforamenti, reiterati ogni anno, del limite del 6% di surplus commerciale da parte della Germania (vera e principale causa degli squilibri economici nell’eurozona), mai sanzionati, o la tolleranza silente tenuta per anni verso la stessa ed altri Paesi membri costantemente in deficit di bilancio ben oltre il 3% (incluso il deficit primario, cioè al netto della spesa per interessi sul debito), oggi il campione della “picky austerity” (cioè l’austerità a scelta discrezionale) Moscovici, con un tweet, ha sentenziato – scavalcando ogni valutazione collegiale e tecnica sui provvedimenti annunciati pochi giorni fa da Macron per sedare la rivolta dei gilet gialli – che la Francia “sarà l’unico Paese dell’eurozona a sforare il tetto del 3% nel 2019 e non le verrà applicata alcuna sanzione”.

Questo a poche ore dalla doccia gelata sulle speranze del Governo italiano di scongiurare la procedura di infrazione per deficit eccessivo, dopo averlo ridotto dal 2,4 previsto inizialmente al 2,04, arrivata ieri dalla CE con la comunicazione che “la manovra inviata a Bruxelles non convince la Commissione”.

Ora, non so quanto elastica sia la pazienza del Presidente del Consiglio e dei due Vicepresidenti in carica, ma è chiaro che quella degli elettori di Lega e M5S è arrivata al limite,
e questa dichiarazione di stamane è la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Non è assolutamente possibile accettare una tale spudoratezza nell’applicare due pesi e due misure, penalizzando sempre e soltanto il nostro Paese, col pretesto di inadeguatezze della nostra manovra rispetto agli obiettivi di crescita.
Il principio di uguaglianza previsto all’art. 3 Costituzione è uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento e come tale non può essere violato nemmeno dalle istituzioni UE. Oltre a ciò, tale principio fa parte anche dei fondamenti del diritto europeo, che mutua i suoi canoni fondamentali da quelli contenuti nelle Costituzioni dei Paesi membri, pertanto un parere della Commissione con congiunta richiesta alla Corte di Giustizia UE di procedura di infrazione diretta solo contro l’Italia, nel quadro attuale, sarebbe una macroscopica ed indubbia violazione di entrambi gli ordinamenti, oltre ad essere foriera di ingenti ed ingiusti danni per l’economia italiana, viste le prevedibili ricadute sui mercati finanziari.
Alla luce di tali presupposti, contro un simile provvedimento da parte della CE il Governo italiano dovrebbe resistere – annunciandolo sin d’ora – costituendosi in giudizio di fronte alla Corte di Giustizia UE, chiedendo il rigetto della richiesta non solo per infondatezza nel merito, ma anche per violazione del principio di uguaglianza, vista la disparità di trattamento del nostro Paese rispetto ad altri, in primis la Francia.
Avvalersi delle Istituzioni europee per mettere la Commissione di fronte alle proprie responsabilità, sarebbe il modo più serio ed efficace – secondo il mio modesto parere – di rivendicare la legittimità e la correttezza dell’operato del nostro Governo, a fronte della manifesta illegittimità e scorrettezza di quello della Commissione.
Inoltre, sarebbe un segnale importantissimo per gli elettori e per tutti gli Italiani, ormai esasperati dallo stillicidio di richieste e minacce provenienti da un’istituzione sovranazionale priva di legittimazione democratica e ormai dichiaratamente ostile nei nostri confronti.
Va da sè che, se la stessa Corte di Giustizia risultasse sorda ad ogni istanza di rispetto del principio di uguaglianza, accogliendo la richiesta di procedura di infrazione nei nostri confronti, anche l’imparzialità di questa importantissima istituzione europea ne risulterebbe gravemente compromessa. Il terreno giuridico ed istituzionale, dunque, pare essere quello più adatto su cui trasferire lo scontro politico che i commissari europei hanno aizzato contro il nostro Paese.
Il tempo dei sorrisi e delle pacche sulla spalla è finito: ora è necessario guardare dritto negli occhi i nostri nemici (perché tali si sono ripetutamente dimostrati, al di là delle ipocrisie) senza timore e segnare una volta per tutte la linea di confine oltre la quale non dovranno più spingersi: quella del rispetto delle regole, da parte loro prima che da parte di tutti gli altri, senza eccezioni di convenienza.
Lo chiede il Popolo italiano, e spero che il Governo lo ascolti.

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