La leader birmana e premio Nobel Aung San Suu Kyi è uscita dalla prigione.

di Attilio Runello. La leader birmana e premio Nobel Aung San Suu Kyi – che era stata allontanata dal potere a seguito di un colpo di Stato militare nel 2021 – è stata spostata da una  prigione in cui si trovava a un edificio governativo: lo ha riferito un funzionario del suo partito, e sembra che stia già avendo incontri con varie personalità.

“Daw Aung San Suu Kyi è stata trasferita in una sede di alto livello lunedì sera”, ha dichiarato ad Afp un funzionario della Lega nazionale per la Democrazia che però vuole mantenere l’anonimato. Suu Kyi è stata vista soltanto in una occasione da quando è stata arrestata dopo il putsch del 1° febbraio 2021.

Il colpo di Stato ha gettato la nazione del sud-est asiatico in un conflitto interno con la fuga di oltre un milione di persone, secondo quanto affermato dalle Nazioni Unite. Il funzionario del partito ha anche confermato che Suu Kyi ha incontrato il portavoce della camera bassa del Paese Ti Khun Myat e probabilmente incontrerà Deng Xijuan, l’inviato speciale della Cina per gli affari asiatici, che è in visita in Birmania.

Se confermato gli arresti domiciliari di Aung San Suu Kyi potrebbero essere un segnale positivo da parte delle autorità, che hanno dovuto far fronte a numerose richieste di scarcerazione della leader democraticamente eletta nel Paese. La 78enne  è stata condannata a 33 anni di carcere dopo un processo a porte chiuse. “Un processo farsa” e uno strumento progettato per escludere la popolare leader dalla politica, secondo i gruppi per i diritti umani.

Insignita del premio Nobel per la pace, Suu Kyi è stata una delle principali icone della democrazia nell’area. Arrestata una prima volta nel 1989 per la sua attività contro la dittatura militare, il suo rilascio dalla detenzione nel 2010 è stato celebrato in Myanmar e in tutto il mondo.

Eletta democraticamente, il colpo di stato l’ha destituita e il Myanmar è precipitato in una spirale di guerra civile cui sono state uccise migliaia di persone e le sanzioni imposte ai militari non sono riuscite a fermare la violenza. Le violenze sono in larga parte dovute alle opposizioni di due minoranze etniche: i Karen e i kachin. Minoranze che in alcuni casi hanno imbracciato le armi.

La leader in passato è riuscita a riunificare il paese. È stata anche molto criticata a livello internazionale per la sua politica di governo, incapace di fermare la dura repressione dell’esercito nei confronti di altre minoranze, in particolare quella dei Rohingya. Avrebbe  avallato i massacri commessi dai militari rifiutandosi di ammettere che fossero da considerare un genocidio. In altre parole anche lei è stata utile al regime, e forse mai pienamente indipendente.

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