Il limite dei 4 candidati alla segreteria PD: non aver mai lavorato.

di Mario Adinolfi. Se c’è un limite plastico delle quattro candidature, tutte degne e in qualche modo innovative, alla segreteria del Pd è l’appartenenza di tutte e quattro al mondo del professionismo politico. Nessuno dei quattro ha “campato la famiglia” in modo diverso dall’avere lo stipendio pagato dall’attività pubblica. Il che, di questi tempi, è un gran problema. Matteo Renzi, è noto, a 24 anni era già segretario di partito a Firenze, a 29 presidente di provincia, poi sindaco. Gianni Cuperlo è il più classico dei funzionari di partito, stipendio pagato dal Pci come segretario della Fgci, dal Pds e dai Ds come funzionario, poi deputato. Persino il buon Pittella a 22 anni già era consigliere regionale e la laurea in medicina non l’ha mai adoperata per campare. Civati anche, consiglio regionale e parlamento nel giovane curriculum, con una qualche esperienza di dottorato di ricerca e qualche collaborazione universitaria sovrapposta a una carriera politica corposa fin da giovanissimo da Monza al Pirellone fino ad arrivare a Montecitorio. Almeno sono tutti e quattro laureati, ai tempi di Fassino e Rutelli, D’Alema e Veltroni, manco questa soddisfazione un elettore di centrosinistra poteva avere (Fassino riparò fuori tempo massimo, laureandosi quand’era già ministro). Può sembrare un dettaglio, ma non lo è. Arrivare alla politica dalla trincea del lavoro e, visto che le candidature sono mediamente giovani, magari da quella del lavoro precario, offrirebbe a chi si candida a guidare il partito di massa del centrosinistra una capacità di lettura della realtà che chi ha campato solo di politica oggettivamente non può avere. In più resta tra i cittadini una sensazione: che sì, le chiacchiere sono belle, ma poi tutti questi candidati sono in corsa per poter permanere nella condizione di privilegio che la politica ha loro riservato, proteggendoli dalla necessità di dover andare a lavorare. A sinistra questa è una tradizione che dura da sempre. E io credo che sia un problema, oggi molto più di ieri.

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