Il grado di civiltà di una Nazione si misura anche dalla vivibilità nelle sue carceri.

di Antonello Laiso. L’analisi del Cardinale Zuppi sul tema carcerario e’ a mio punto di vista condivisibile in tutto quel mondo carcerario che da anni soffre una condizione di degrado sul quale scrivo da anni.
Una condizione sulla quale siamo stati anche ammoniti dall’Unione Europea per quelle condizioni di in-vivibilità dei detenuti, per il cronico sovraffollamento delle carceri Italiani.
Soluzioni non sufficienti alla grave condizione carceraria che si protrae da anni sono state pure messe in atto ad evitare ed alleggerire quel sovraffollamento sin dai tempi del ministro Severino di circa dieci  anni come il  cosiddetto da alcune forze politiche  decreto svuotacarceri, ma tali non sono riuscite a bastare alla bisogna, sappiamo che il grado di civiltà di una Nazione si misura anche dalla vivibilità nelle carceri, conseguentemente dalle relative condizioni della vita che si deve trascorrere obbligatoriamente a pagare quel prezzo di un delitto senza altre alternative in queste strutture di accoglienza, le quali dovrebbero essere di rieducazione in primis come scopo   il reinserimento nella maggior parte dei casi di coloro che hanno commesso un delitto nella società.
Diritti e doveri di quei detenuti tenuti a scontare quella pena devono viaggiare di pari passo, la dignita’ deve essere denegata nel detenuto e non trattato  alcune volte come purtroppo da episodi che si sono ripetuti negli anni.
La vivibilità come contro deve essere diritto anche per quelle guardie carcerarie stressate molte volte per cronica mancanza di personale dal numero non adeguato in relazione al numero spropositato dei detenuti nelle carceri in cui operano.
Quella certezza della pena ovvero quelle misure sancite nel nostro codice penale che gli addetti ai lavori come il sottoscritto  conoscono avendo già per anni  avuto esperienze in corte D’assise come giudice popolare deve essere doverosa , mai  senza quelle dovute forme di garantismo democratico, restando quel diritto fin da  imputato, dell’ accertamento/i dovuto di chiari fatti a sua forma di tutela e garanzia e della legge stessa , e, di tutte quelle prove testimoniali e altre, del diritto, a quelle attenuanti, e di certo se esistono a suo sfavore, aggravanti.
Non confondiamo giustizia e giustizialismo nel quale si può celare quel  odio di appendere a quella forca di piazza della bastia  vista  ai tempi della rivoluzione francese o quella immaginaria  di  un Peron giustizionalista.
Sappiamo, essendone ben a conoscenza grazie a media stampa e televisione, che da tempi remoti le nostre carceri, nelle quali ogni persona che diventi detenuto deve  per legge costretto a vivere, non rispondono nemmeno minimamente a requisiti di tollerabilità e di vivibilità. La civiltà di una nazione, in particolar modo di una nazione che appartiene all’eurozona e che deve obbligatoriamente adeguarsi alle norme europee, non puo’ più permettere tali condizioni inumane di vivibilità dei tanti detenuti nelle carceri italiane.
Il decreto Severino è lungi dall’essere la soluzione definitiva al male cronico ma solo un pannicello caldo, soluzioni per il quale ben altre strade dovrebbero essere intraprese, come la creazione di nuove strutture penitenziarie, di difficile soluzione per gli alti costi in particolare che sopravvengono in questo momento. Riportare  fuori  dalle carceri  alcuni  detenuti particolari e di quasi fine pena e di buona condotta, che potrà essere terminata al proprio domicilio, di certo servirebbe come  alleggerimento   non  dovrebbe scandalizzare nessuno  per le condizioni che vediamo nei reportage delle detenzioni ,contro cui molte proteste, anche da associazioni, e da partiti politici, spesso fanno quell’ eco di vergogna.
Un risveglio doveroso di coscienza ad amplificare a trovare altre soluzioni e’ la regola .
Condizioni che, come sappiamo, devono essere regolate anche dalle politiche di Governo ed ad oggi cosa è stato fatto in tale senso o che azioni intendeva intraprendere almeno sulla carta chi grida ancora  allo scandalo?
Al lupo al lupo non per fini politici ma per la nostra coscienza e per il rispetto di qui diritti, il rispetto di dignita’ al detenuto che si assoggetta gioco forza per magari anni a quello stato di privazione di una libertà per pagare quel prezzo alto.
 Lo scandalo non è quello che si vorrebbe far credere come strumento per bacchettare un qualsiasi Governo che intraprende qualche nuova strada sul tema creando condizioni  per favorirne un altro ma è quello che è materiale e concreto, quello che vediamo con i nostri occhi e le condizioni delle nostre carceri parlano da sole, anche questo fa parte della credibilità e della civiltà di una nazione.

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