Il cemento ‘vivente’ che si ripara da solo grazie ai ‘batteri-muratori’.
chiamato BacillaFilla, in grado di riparare lesioni nel calcestruzzo grazie alla produzione di carbonato di calcio e una colla a base di zuccheri. Il gruppo di Dade-Robertson ha però utilizzato un batterio molto comune, l’Escherichia coli. Il primo passo è stato individuare in esso i geni che rispondono ai cambiamenti di pressione dell’ambiente. Quindi il Dna è stato modificato in modo da produrre una proteina che si illumina quando si ‘accendono’ i 122 geni sensibili ai cambiamenti di pressione. Il terzo passo in programma è sostituire il gene che produce la proteina fluorescente con geni che fabbricano sostanze simili a quelle prodotte dal BacillaFilla e che si dovranno attivare ogni volta che il batterio percepisce movimenti del suolo e cambiamenti nella pressione. La produzione del ‘biocemento’ sarà, inoltre, controllata da un software in grado di prevedere come il microrganismo reagisce alle forze nel sottosuolo, come la pressione dell’acqua. “E’ un campo davvero emozionante” ha osservato Robertson.
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