Non è che siamo diventati più bravi, più attenti al clima, alle emissioni di gas nocivi e che inquiniamo di meno. Il fatto è che la natura, maltrattata dall’uomo, a volte si… autodifende! Il buco dell’ozono sopra l’Antartico si sta finalmente richiudendo. La conferma sperimentale alle previsioni fatte già da qualche anno dagli esperti è venuta da uno studio della Macquarie University di Sydney in Australia, che è riuscito a quantificare al 15% la fetta dello strato del gas che si è riformata negli ultimi 10 anni. Le misurazioni del buco dell’ozono sono rese molto complicate dalle fluttuazioni annuali dello strato dovute a fattori atmosferici. Dopo la caduta drastica lungo tutti gli anni ’90, gli scienziati hanno notato nell’ultima decade una stabilità, effetto del bando ai clorofluorocarburi (Cfc) di 22 anni fa. I ricercatori australiani sono riusciti a trovare un modo per eliminare dai calcoli le fluttuazioni annuali, trovando che lo strato ha già riguadagnato un 15% di spessore rispetto ai picchi negativi: “Tuttavia le fluttuazioni naturali continueranno – spiegano gli esperti – il che implica che da qui al 2085 almeno una volta ogni dieci anni lo strato tornerà ai livelli degli anni ’90». Anche grazie a questa notizia le attenzioni degli scienziati potrebbero spostarsi sull’altro polo, quello artico: secondo uno studio dell’Esa (European Space Agency) lo scorso aprile è stato registrato il livello minimo dello strato di zono proprio in quest’area. Per quanto riguarda quello antartico invece le ricerche si concentreranno sui possibili effetti della chiusura sul clima, visto che una ricerca ha stabilito che proprio il buco ha aumentato le piogge nell’emisfero sud negli ultimi decenni.
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