Come la Chiesa cambiò la letteratura attraverso la Controriforma.

di Adele Porzia. Nella letteratura italiana (ma si potrebbe fare un discorso internazionale) vi sono dei fondamentali momenti storici in cui la Chiesa e la religione hanno avuto tanta importanza da incidere non solo sulla mentalità ma sui meccanismi del pensiero.
Hanno inciso a tal punto da mutare considerevolmente la letteratura presente, più di quanto crediamo. E, inserendosi nella letteratura, nello specchio dei tempi che sono e
saranno, il Cristianesimo e l’istituzione ecclesiastica hanno cambiato il futuro. In Italia, in primis, il peso della Chiesa è stato esorbitante, preponderante. Specie se
gravitava sugli intellettuali che si impegnava ad avere nella sua cerchia, in quanto potenti pedine nelle sue mani. Torquato Tasso, soprattutto.

Tale operazione è addirittura molto simile a quelle messe in moto dalle grandi dittature, per cambiare il pensiero di chi è sotto lo scacco del tiranno. Tutto inizia con lo stimolare un odio senza limiti (nonché un malcelato terrore) nei confronti di chi si allontana dal modello che la Chiesa, in questo caso, promuoveva ed esaltava. E durante la Controriforma, che voleva essere una reazione all’incontrollabile diffondersi del protestantesimo, ad essere perseguitati erano tutti coloro che si distanziavano dal cattolicesimo. Naturalmente, ebrei, i moriscos in Spagna e gli ‘eretici’. È il periodo della caccia alle streghe, subitamente processate e arse vive. Nonché il periodo in cui operava la Santa Inquisizione.

Ad essere processati, però, erano anche tutti coloro che mettessero in dubbio le parole della Bibbia, perfino nei suoi aspetti scientifici. Che la Terra, naturalmente piatta, fosse al centro e il sole le girasse intorno non doveva essere messo in alcun modo in discussione; soltanto che stava avvenendo una rivoluzione scientifica e le scoperte che avrebbe comportato non potevano essere taciute ancora a lungo. A queste si
univano le scoperte geografiche, le terre da esplorare e i nuovi continenti da scoprire.
A farsi strada nell’animo degli abitanti del secolo era un sentimento di incertezza, quel dubitare che era del tutto mancato nel Medio Evo, quando pareva che si possedessero tutte le certezze. Quell’inquietudine era preponderante; eppure, anche un testardo desiderio – che segue sempre ad un iniziale turbamento, a quella costruttiva perdita di ogni certezza – di vedere come effettivamente stavano le cose; di indagare quanto si è perso, quanto ancora si debba conoscere. E le scoperte in ambito medico, biologico, chimica, esasperano questi sentimenti, mettendo in allarme i detentori di un mondo che sta per mutare per sempre.

La Chiesa era, quindi, in crisi. Il cattolicesimo era in crisi e quel sistema di valori e conoscenze che rappresentava. Era necessario, quindi, mettere un freno a quello che noi, contemporanei che si guardano indietro, definiremmo ‘progresso’. E perciò, durante la Controriforma, la Chiesa promuove un controllo assoluto anche sulla cultura e, quindi, sulla letteratura.

Ed è importante ricordare che vi fosse una netta separazione tra le classi agiate, che potevano permettersi vari precettori e maestri privati, e le classi più povere che, invece, venivano istruite dai parroci, attraverso il catechismo. Erano, quindi, assai più controllati e ammaestrati di quanto fossero le classi dirigenti. Occorrevano, dunque, misure estreme: come la censura, l’istituzione dell’indice dei libri proibiti, con tutti quei testi che non potevano circolare e che andavano sequestrati e bruciati. Quindi, se si era un intellettuale e grande scrittore come Tasso – formato sui testi latini e greci, nonché figlio di un’epoca in cui era esaltato il classico – si doveva rinunciare al proprio bagaglio conoscitivo, al fine di promuovere il modello cattolico. Anche se la sua opera più grande, il poema straordinario della Gerusalemme Liberata, è un continuo tacito rimando alla cultura antica e alla passata epoca ‘filo-classica’.

Eppure, di lì in poi, i sentimenti di incertezza e irrequietezza necessitavano di nuove forme espressive, che rendessero che stilisticamente più le emozioni del nuovo secolo. Una letteratura scevra dell’ordine e della pacatezza del classicismo rinascimentale, ma una forma d’arte rappresentasse l’ansia e l’incertezza dell’epoca.
Il Manierismo e il Barocco, per l’appunto. Molti tralasciano le forme troppo precise e regolari, le regole prospettiche e l’oggettiva perfezione del classicismo, nonché l’imitazione delle forme antiche e della loro bellezza estetica.

Ad essere privilegiate sono forme soggettive, bizzarre, che vogliono indicare proprio quel sentimento di disagio sociale e di angoscia, un senso di precarietà e di morte. Lo scopo è colpire il lettore e farlo meravigliare. Un’arte, dunque, che non imita più la natura, che vuol dilettare il pubblico e distrarlo dal presente ignoto e dall’incertezza del domani.
Non è un caso che questo sia il secolo del teatro. Perché quest’ultimo si rivela essere la sola forma letteraria che riesca davvero a cogliere il senso di futilità del secolo, i dubbi e le incertezze di chi vi vive, che si identifica nella maschera dell’attore.

La vita stessa come illusione, come spettacolo destinato a concludersi, in cui tutti recitano una parte, destinata a concludersi. L’uomo del secolo non riesce ad imporsi sul reale e questo si intravede dallo sforzo dell’artista di incasellare la sua soggettività in forme eccessive, celebrali, artificiose e incompiute. Un secolo pieno di dubbi che si serve dell’allegoria, ad indicare la fugacità della vita, destinata a finire come un sogno. Esattamente come accade nelle opere teatrali del maestro spagnolo Pedro Calderon de la Barca.

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2 Responses

  1. Rovere ha detto:

    E milioni di italiano sono alla fame, ma prima vengono coloro che sbarcano e si sono pagati il viaggio agli scafisti

  2. Libertador ha detto:

    FARE LA CARITAS COI SOLDI DELLO STATO:
    Le istituzioni, negli ultimi anni, hanno indubbiamente manifestato un sempre maggiore pregiudizio favorevole nei confronti del non profit (sempre più profit). Alla stessa stregua, ma da tempo immemore, si sono comportate nei confronti delle confessioni religiose. Chiaro dunque che, quando si tratta di non profit confessionale, il favore si eleva al cubo. Con il risultato che c’è chi ormai considera lo Stato come un bancomat, come fa tutta la compagnia di giro di Comunione e Liberazione. È una spirale potenzialmente infinita. Ma il movimento integralista fondato da don Giussani e i politici (tanti) che ne fanno parte non vanno considerati un’eccezione alla regola, quanto piuttosto un’estremizzazione di un fenomeno sempre più perverso.

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