Aumentano trapianti e donazioni, Italia prima in Europa.

I dati forniti dal Centro nazionale trapianti (Cnt), confermano la leadership italiana in Europa in fatto di trapianti e donazioni d’organo. Sono stati eseguiti 3.268 trapianti, contro i 3.002 del 2015 e il totale dei donatori d’organi è stato di 1.260, contro i 1.165 dello scorso anno. La principale novità riguarda le donazioni da vivente, che già nel 2015 hanno registrato un incremento del 20,4% rispetto all’anno precedente.
In particolare quelle di rene (da vivente) hanno raggiunto un vero e proprio record, superando per la prima volta la soglia dei 300 prelievi (+56,8% rispetto al 2012). Sul fronte delle donazioni d’organo da cadavere, invece, i livelli di opposizione sono ancora troppo elevanti, intorno al 30-32%, a dimostrazione del fatto che c’è ancora un grande gap culturale da colmare. “Con la nascita, nel novembre del 2013, del Centro nazionale trapianti – ha dichiarato il direttore del Cnt – siamo attivi ormai in tempo reale, lungo l’arco delle 24 ore, e riceviamo dalle Regioni le segnalazioni di tutti i donatori d’organo, esaminandone idoneità e rischio di trasmissione di malattie. Seguiamo l’assegnazione di ciascun organo, sia che venga destinato a un programma nazionale, sia alle liste regionali, sino alla fase del trapianto. Anche i trasporti di organi, equipe e pazienti sono monitorati dal Cnto attraverso un collegamento costante con le Regioni. Il cammino dei trapianti è un pò claudicante perchè la gamba più forte è quella sociale mentre quella sanitaria appare ancora debole. Per questo l’obiettivo è quello di considerare la donazione di organi e tessuti come un’attività sanitaria di cui sono responsabili le direzioni degli ospedali, nel contesto di programma regionali e nazionali ben definiti”. Il trapianto è ad oggi la miglior cura per l’insufficienza terminale d’organo. Rispetto alle terapie alternative e al supporto artificiale non solo rappresenta un vero e proprio salvavita, come nel caso del trapianto di cuore o del trapianto di fegato nell’epatite fulminante, ma determina anche una migliore sopravvivenza del paziente: nel caso del trapianto di fegato, si rileva una sopravvivenza dell’86% a un anno dall’intervento. Nel trapianto di rene, la percentuale di sopravvivenza a un anno è del 97,2%. Il trapianto di rene permette, inoltre, una sopravvivenza dei pazienti molto superiore a quella attesa in un paziente in dialisi: dopo il trapianto, il rischio di decesso è di oltre il 70% inferiore, rispetto ai pazienti di pari età in dialisi. Una migliore condizione clinica determina inoltre una migliore qualità di vita e, in molti casi, un ritorno all’attività lavorativa: il Cnt stima che l’89,9% dei pazienti italiani sottoposti a trapianto di cuore, l’78% dei trapiantati di fegato e l’89% dei trapiantati di rene, lavora o è nelle condizioni di farlo e quindi è pienamente reinserito nella normale attività sociale.

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