Ad pacem promptum designat oliva Botontum.

di Adele Porzia. Michele Muschitiello, medico ormai in pensione, intellettuale e profondo conoscitore del dialetto bitontino, nonché scrittore infaticabile e studioso della storia e delle tradizioni bitontine, è con queste parole che presenta il libro “L’arte de r’alóje”: “Il vernacolo è espressione viva di un mondo non improvvisato, bensì frutto ed estrema sintesi di esperienze stratificatisi nei millenni, che hanno dato origine a quelle che sono le caratteristiche irripetibili che danno corpo e fanno l’anima di un popolo”. È una definizione perfetta – non c’è bisogno di aggiungere altro – e indice delle notevoli conoscenze e riflessioni di chi l’ha scritta.

Non si tratta, però, di un libro focalizzato sul dialetto bitontino; tratta, in verità, di una tradizione antica, come quella dell’olio, e di un simbolo, l’olivo, per noi assai importante, in grado di rappresentare e contraddistinguere Bitonto. Quando, infatti, ci troviamo a passeggiare su Piazza Aldo Moro e arriviamo ai piedi della statua di Tommaso Traetta, troviamo una scritta incisa sulle mattonelle della piazza: “Ad pacem promptum designat oliva Botontum”, un motto che è stato attribuito a Federico II, grandissimo amante della Puglia e dei suoi olivi, che si può tradurre con “L’oliva designa Bitonto, propenso alla pace”. L’oliva è, infatti, un simbolo di pace.

A collaborare a questo libro sono diverse menti, unite dal comune proposito di rendere onore a questa pianta, nel suo mese prediletto: Damiano Stellacci, Michele Muschitiello, Antonio Castellano, Vincenzo Solfrizzi e, infine, Laura Fiano hanno scritto di quest’arte in tutte le salse, ricostruendone la storia, fino ad arrivare ai giorni nostri e ai diversi utilizzi dell’olio, finanche nei cosmetici.

Oltre a questi contributi, non mancano le poesie in vernacolo e le note, in appendice, di Giuseppe Moretti, fondamentali per una comprensione completa dei termini (spesso in dialetto) presenti nel libro. In chiusa, è posta una bellissima poesia di Pablo Neruda, Ode all’Olio: “Vicino al rumoroso / cereale, alle onde / del vento nell’avena, / l’olivo / di volume argentato, / severo nel suo lignaggio, / nel suo contorto / cuore terrestre: / le gracili / olive / levigate / dalle dita / che fecero / la colomba / e la chiocciola / marina: / verdi, / innumerevoli / purissimi / capezzoli / della natura, / e lì / nei / secchi / uliveti, / dove / solamente / cielo azzurro con cicale, / e terra dura / esistono, / lì / il prodigio, / la capsula / perfetta / dell’oliva / riempie / con le sue costellazioni il fogliame: / più tardi / le stoviglie, / il miracolo, / l’olio”.

Una lettura davvero piacevole, soprattutto in questo periodo dell’anno, non solo per i bitontini più patriottici, ma un motivo per amare e comprendere le tradizioni del proprio paese e le ragioni che spingono sempre più bitontini – o, meglio, pugliesi, visto che è un prodigio dell’intera Puglia – al vanto. Nonché un modo piuttosto interessante per conoscere, difendere il dialetto, ormai dimenticato o ridotto a frasi perlopiù volgari, e salvaguardarlo dall’irrefrenabile corsa di questi tempi e della sua generazione, sempre più propensa a guardarsi avanti che dietro.

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1 Response

  1. LoZio ha detto:

    I dialetti sono un patrimonio, che coll’immigrazione selvaggia si va perdendo

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