Rottamati i due Matteo si vola!
di Gaetano Pedullà. I deputati che ieri si sono aggiunti in corsa alla maggioranza sono il segno premonitore di quanto accadrà oggi al Senato e soprattutto nelle prossime settimane e nei prossimi mesi. Inchiodato all’opposizione Salvini e rottamato Renzi, presto Conte e i giallorossi avranno rinforzi a sufficienza per andare avanti più spediti di quanto non sia stato possibile finora con la palla al piede di Italia Viva.
Esattamente come l’altro Matteo, lo statista di Rignano ha sbagliato i conti, e in politica errori monumentali come il tradimento del Papeete e la crisi in mezzo a una pandemia hanno un prezzo anche elettorale caro da pagare (la Lega -15 punti dall’estate 2019 mentre i renziani sono già alla frantumazione dell’atomo).
Tutto merito del Presidente del Consiglio? In parte sì, per l’equilibrio riuscito a mantenere all’interno di alleanze contrarie a ogni legge della fisica, per la sobrietà con cui sta svolgendo il suo ruolo in un momento così duro per il Paese e per l’autorevolezza che ha ridato all’Italia in Europa e nel mondo. Ci sono però almeno altri due fattori determinanti. Il primo è la determinazione del Movimento Cinque Stelle, descritto dal pensiero unico dei grandi giornali alternativamente come un colabrodo, un’orda di poltronari o la nuova casta.
A differenza del Pd, dove le quinte colonne di Renzi restano un’insidia gravissima per il segretario Zingaretti – al pari dei colonnelli dem che hanno mandato l’ex rottamatore allo sbaraglio al loro posto per limare le unghie a Conte e vedere se saltava fuori qualche poltrona in più per loro – nei 5S non c’è stata una sola crepa, e da Di Maio a Di Battista a tutti i portavoce è stata una gara nel fare muro in difesa del premier.
Accanto a questo, ancora più determinante se possibile, c’è poi un altro fattore: l’alternativa all’attuale maggioranza è una destra talmente becera da elevare i suoi discorsi di ieri a Montecitorio con sofisticate citazioni di liocorni, orangotango, Barbapapà, evacuazioni corporali e altre amenità da fare invidia a Churchill. L’Italia che la nostra politica ha esportato per decenni, e che chissà per quale fatalità di Recovery Fund non ne ha ottenuti mai. Nemmeno con i soldi del Monopoli.
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