Se questo è il mondo del calcio, preferisco la pallavolo.

di Grazia Nonis. Faccio parte di quel folto gruppo di donne, ignoranti del calcio, con tanto di decreto d’espulsione casalingo firmato dai componenti della mia famiglia: voto zero per il mancato apprendimento delle regole del fuori gioco, più volte spiegato con moviola, disegni, stuzzicadenti e molliche di pane; cappello d’asino per non aver capito che il quarto uomo non è quello con la maglia numero quattro e neanche quello che viene dopo il terzo.
Dopo questa dichiarazione di analfabetismo calcistico, non posso che chinare il capo davanti ai veri signori del calcio del calibro di Pirlo, Del Piero, Gattuso e… l’elenco sarebbe tropo lungo. Ma, si sa, i super ricchi della scarpa tacchettata e delle braghette corte, mal digeriscono di poter guadagnare milioni di euro e di pagarne altrettanti al fisco. I primi a protestare e fare sciopero sono stati i nostri pallonari dello spaghetto al ragù nel 2011, contro una delle solite tasse “extra” imposte dal nostro governo. Ora è il turno dei nostri cugini del croissant, o, se volete, quelli “dala spusa sota el nas” come dicono qui a Milano. Il motivo è sempre lo stesso: evitare il pagamento di una supertassa. Hanno ragione? Non so. Per giudicare, noi poveri mortali delle ritenute alla fonte e fantasisti e driblatori della sopravvivenza, dovremmo disporre del loro conquibus e poi decidere. Ma ci sono campioni ai quali si è disposti a perdonare tutto: il comportamento, i vizi, gli eccessi, le stranezze e le evasioni fiscali. L’ultimo, balzato alla cronaca nei giorni scorsi, è Diego Armando Maradona. Il fisco italiano gli contesta tasse non pagate mentre lui afferma il contrario. Qualche anno fa abbiamo fatto ridere il mondo quando agenti del fisco, in agguato all’aeroporto, gli hanno sequestrato orecchino ed orologio quale acconto sui debiti verso l’erario. Non oso immaginare cos’altro avrebbero potuto fare se l’occhio fosse caduto sul pantalone di alta sartoria o sulla mutanda firmata… Non paghi, pochi giorni fa abbiamo fatto il bis. Lui, furrrrbo, è arrivato in Italia senza monili di alcun tipo. Ha fatto l’ospitata a “Che Tempo che Fa” e ci ha presi in giro facendo il gesto dell’ombrello. Il significato era: “Tiè, stavolta l’orecchino è rimasto in Argentina e non m’avete fregato”. Questo, grazie alla regia di un presentatore lautamente pagato dalla nostra televisione di stato e da noi col nostro canone. Col suo faccino da per benino, che ricorda il capoclasse delle elementari e ascella della maestra, che tutti noi abbiamo avuto come compagno di banco, Fabio Fazio ha abbozzato un sorriso complice. Eh già, tra milionari ci si intende. Per il rispetto dovuto a chi, invece, le tasse le paga con ombrello o senza, avrebbe potuto evitare lo sghignazzo e accompagnare il suo ospite fuori la porta o dargli una tiratina d’orecchi. Siamo un po’ stufi di questi atteggiamenti da star super pagate e viziate. Pare che a uno che gioca bene a pallone sia concesso tutto. Fanno scuola alcuni calciatori più famosi del momento: parolacce, insulti all’allenatore, all’arbitro, ai compagni e ai tifosi. Ok, ci sono tifosi che andrebbero espulsi a vita dagli stadi: quelli che intonano cori razzisti, figli di ovaie stupide ma sempre fertili e ghiotte di spermatozoi sottosviluppati. Alcuni cori, però, nulla c’entrano col razzismo. Dicono proprio “Non ti sopportiamo, sei antipatico… te la tiri troppo”. Talenti eccezionali che dovrebbero essere d’esempio per i nostri figli. Ed alcuni, quelli che lavorano seriamente, senza fare bravate ed apparire sui giornali gossippari, lo sono. Per altri, il dio denaro e il delirio di onnipotenza hanno colpito in testa e fatto danni: Pluto crede che le tasse non vadano pagate, Paperino che bisogna scioperare perché 38.000 euro al giorno esentasse, per tirare due calci al pallone non sono sufficienti, e la banda Bassotti che pensa di guadagnare di più vendendo le partite. Se questo è quello che offre il mondo del calcio… io preferisco la pallavolo.

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