Nel mondo del capitalismo globalizzato non esiste la pietà, ma solo il profitto.

di Maria Pia Caporuscio. Ogni volta che si contesta l’incapacità del governo dinanzi alle emergenze, i politici si difendono parlando di sciacallaggio, come se le critiche fossero indirizzate non a loro, ma alla protezione civile. In questo modo non offendono solo chi li critica ma anche quei “giganti” che rischiano la pelle ogni volta, per salvare la vita di chi si trova sotto le macerie. La solidarietà degli italiani difronte ai disastri è proverbiale, contrariamente a questi quaquaraquà che delle disgrazie ne fanno uno spot, quasi come quei criminali che se la ridono pensando ai miliardi che entreranno nelle loro casse. Nel mondo del capitalismo globalizzato non esiste pietà, né giustizia né difesa perché terremoti, valanghe, inondazioni e qualsiasi catastrofe, si trasforma in speculazione e profitto. Questo capitalismo fa abuso degli esseri umani, della natura e della tecnica per i suoi scopi e più aumenta il loro potenziale economico e più peggiorano le condizioni di vita degli esseri umani. Questa oscenità che trasforma gli uomini in consumatori, per cui necessita produrre sempre di più, è la causa di tutte le disgrazie che colpiscono gli esseri umani: guerre, terremoti, inondazioni, valanghe, per questi sciacalli si trasformano in oro. Stando così le cose è logico che se ne fregano di curare il territorio, di costruire gli edifici antisismici, se ne fregano di usare le tecniche a disposizione, ma utilizzano materiali di scarsa qualità persino nella costruzione dei ponti, negli argini dei fiumi e nei cavalcavia, che precipitano prima ancora di essere inaugurati, proprio perché il capitalismo necessita di catastrofi per sopravvivere. Come si può non coinvolgere la politica in queste situazioni? A che servono migliaia di leggi e contro-leggi se non si fanno rispettare? Cosa ci stanno a fare se nessuno controlla questi usurai? Se si continua a concedere appalti a chi usa la sabbia al posto del cemento, invece di addebitargli i costi delle conseguenze, come si può non contestarli?Fare politica non è pavoneggiarsi in televisione ma servire un paese, proteggendone gli interessi e prendendosi cura dei cittadini, oltre che salvaguardare il territorio in modo da prevenire le catastrofi, che in un territorio abbandonato sono inevitabili. Governare significa colpire duramente non i poveri ladri di biciclette, ma i ladri di vite umane. Basta chiamare “economia” l’arrembaggio. Finiamola di giustificare rapine e delitti in nome della globalizzazione e dei mercati. Questi globalizzatori (sfruttatori) vanno rigettati insieme a questa sorta di politiche “moderne” che stanno riportando l’umanità al Medio Evo. La politica deve tornare a fare politica e i governi a governare non a servire dei banchieri, che stanno avvelenando la Terra, l’aria e l’acqua, oltre che privare la classe lavoratrice del lavoro e dei propri sacrosanti diritti. E’ vitale tornare ad ascoltare e risolvere i problemi della gente che lotta, lavora e vive senza più sogni, avendo perduto ogni speranza, umiliata da politici incapaci e privi di moralità. Basta voltare le spalle ai cittadini se non si vuole che siano loro a trovare l’energia necessaria per porre fine a questo schifo.

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