La verità su Emanuela Orlandi non si troverà con le suggestioni.

di Mario Barbato. La scomparsa di Emanuela Orlandi, avvenuta a Roma nel lontano 1983, è stato un classico esempio di come un caso di cronaca nera venga trasformato in un affare di Stato con un’impronta di stampo internazionale. Un po’ troppo per una ragazza dalle semplici origini, finita al centro di un intrigo a metà tra una spy story e un romanzo di Dan Brown.

La colpa di Emanuela Orlandi fu quella di essere cittadina vaticana. Se fosse stata cittadina americana nessuno ne avrebbe parlato. Sarebbe stato considerata una delle tanti adolescenti sparite nel nulla senza che riempissero le prime pagine dei giornali e i talk show televisivi solo perché non abitavano in Vaticano. Nel caso Orlandi, invece, la sua residenza in quel piccolo e affascinante Stato ha contribuito ad alimentare una narrazione mendace della vicenda, con ipotesi romanzate che hanno avuto l’effetto di confondere le acque e depistare le indagini.

La vicenda di Emanuela Orlandi ha tenuto banco per anni, dando la stura a una serie di ipotesi traballanti che hanno chiamato in causa terroristi stranieri, servizi segreti, banche criminali, malavitosi romani, prelati pedofili. Un giallo la cui soluzione poteva essere a portata di mano se non fosse stato intossicato da personaggi affamati di protagonismo e da giornalisti in cerca di notorietà che hanno messo in piedi un circo mediatico buono solo per il profitto editoriale e il ricavo televisivo. Un caso datato nel tempo ma sempre ghiotto per essere abbandonato.

Il fatto che la ragazza abitasse aldilà delle mura leonine ha alimentato racconti ricchi di suggestioni, prendendo il sopravvento nelle indagini giudiziarie e nel racconto mediatico, attirando una legione di mistificatori che si sono accreditati come detentori di una verità che non possedevano. Una schiera di impostori che hanno strumentalizzato il dramma di una ragazza per questione di denaro, di notorietà, di sconti giudiziari. Con accuse che tirano in ballo quasi sempre la Santa Sede, tanto che è convinzione diffusa la tesi secondo cui il Vaticano debba per forza avere qualche responsabilità nella scomparsa di Emanuela.

Questa “certezza” popolare, alimentata ad arte da forze anticlericali, sta ostacolando la ricerca della verità, portando a sottovalutare filoni investigativi più comuni, come quello di un delitto a sfondo sessuale maturato in ambienti familiari e amicali alla ragazza. La speranza, adesso, è che le nuove indagini aperte dal Vaticano e dalla Procura di Roma possano risolvere il mistero. Ma perché questo succeda, la base di partenza non può essere il campionario di piste fantasiose che vengono puntualmente rilanciate dai media come clamorose verità che poi si rivelano essere un bluff.

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1 Response

  1. Anna Giordano ha detto:

    Hanno trasformato un caso di cronaca nera in un’epopea infinita. Se la ragazza fosse cittadina di Avetrana, tutto questo clamore non sarebbe successo. Per me la giovane è stata adescata, abusata, uccisa e fatta sparire da qualcuno che conosceva bene. Ma a molti sta facendo comodo mettere il Vaticano sotto una cattiva luce perchè fa notizia, un parente molestatore invece no.

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