La Corte dei Conti certifica il fallimento dei “tecnici”.

Che questo governo, pur essendo tecnico, abbia commesso degli errori tecnici madornali non è un paradosso, ma la triste realtà di un Paese che ‘loro’, i professori, stanno portando, sobriamente, al camposanto!!! Ma se a dirlo è un esodato, un disoccupato, un cassintegrato, un pensionato, un lavoratore dipendente o un piccolo imprenditore, potrebbe essere solo un punto di vista ‘di parte’, ovvero di chi sta da sempre dalla parte dei “soliti noti” spremuti e tartassati fino all’ultimo centesimo! Ma quando a sostenere il totale fallimento della politica economica del governo dei professori, a trazione Pdl-Pd-Udc, è addirittura la Corte dei Conti allora c’è di che preoccuparsi! La magistratura contabile dello Stato evidenzia il “pericolo di un corto circuito rigore-crescita, favorito dalla composizione delle manovre correttive delineate nel Def: per quasi il 70% affidate, nel 2013, ad aumenti di imposte e tasse”. Questo con una pressione fiscale oltre il 45%. Il pareggio di bilancio nel 2013 conseguito attraverso le misure previste dal governo (in particolare l’aumento della tassazione e il conseguente “drenaggio” di risorse) rischia di poggiare su “un equilibrio precario”. E’ la preoccupazione espressa dalla Corte dei Conti. La spesa delle famiglie si è contratta a metà del 2012 del 4%. Un dato che è “presumibilmente destinato a peggiorare nella seconda parte dell’anno e nei primi mesi del 2013. Dosi crescenti di austerità e rigore al singolo Paese, in assenza di una rete protettiva di coordinamento e solidarietà, e soprattutto se incentrata sull’aumento del prelievo fiscale, si rivela alla prova dei fatti una terapia molto costosa e in parte inefficace“. Una ‘cura’ che “neppure offre certezze circa il definitivo allentamento delle tensioni finanziarie”, sottolinea la Corte dei Conti. Il calo del Pil indicato nella nota di aggiornamento al Def “é stimato al 2,4% (contro il -1,2% del Def di aprile), ma sorprende soprattutto la diminuzione dell’1% del prodotto anche in termini nominali: un risultato eccezionalmente negativo che, storicamente, si era verificato solo nel 2009, l’anno centrale della grande recessione. Nel 2013 si registrano minori entrate complessive per oltre 21 miliardi rispetto a quelle previste. Di questi poco più di 6,5 miliardi sono riconducibili al superamento dei previsti incrementi dell’Iva (almeno fino al giugno 2013), ma la flessione delle imposte dirette (-7,4 miliardi) e dei contributi sociali (-2,3) è da imputare ad una caduta del Pil molto superiore al previsto”. Insomma tanti sacrifici per nulla?

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