F35, la Corte dei conti: “I costi sono raddoppiati, ma ritirarsi costa di più”!

Il ‘programma’ dei famigerati F35 – da sempre nel mirino di pacifisti e filantropi che avrebbero investito quei soldi in tutt’altra maniera – costa il doppio di quanto preventivato e dà meno occupazione del previsto, ma è troppo tardi per ritirarsi. A dirlo stavolta è persino la Corte dei Conti secondo il cui parere il programma F-35 “è oggi in ritardo di almeno 5 anni” per le “molteplici problematiche tecniche” che hanno fatto anche si che i costi del super-caccia siano “praticamente raddoppiati”, e anche le prospettive occupazionali per l’Italia “non si sono ancora concretizzate nella misura sperata”.
Tuttavia, “l’esposizione fin qui realizzata in termini di risorse finanziarie, strumentali ed umane è fondamentalmente legata alla continuazione del progetto” ed uscirne ora produrrebbe importanti perdite economiche.
Nella relazione speciale sulla “Partecipazione italiana al Programma Joint Strike Fighter F35 Lightning II”, i giudici contabili sostengono che “la costruzione di un sistema d’arma aeronautico di ultima generazione è certamente una sfida impegnativa in termini di costi e di tempo”.
Ma pongono l’accento sulle “molteplici problematiche tecniche” che si sono verificate negli anni. In particolare, il “ritardo di almeno cinque anni rispetto al requisito iniziale”. Ritardo compensato da “l’incremento del numero dei velivoli che saranno commissionati dai partner nei prossimi cinque anni” che “lascia intravedere come ormai prossima la possibilità di una rapida crescita dei ritorni industriali relativi alla produzione del velivolo, del motore e dei sistemi, nonché allo sviluppo delle conseguenti necessità manutentive”.
Secondo la magistratura contabile, per l’Italia, l’aver partecipato fin dall’inizio al programma “ha certamente consentito di avviare un processo moltiplicativo dei fattori di investimento, perché la dimensione finanziaria della partecipazione non può non avere anche caratteristiche di investimento, perlomeno in termini di ritorni industriali”.
Come rileva ancora la Corte dei Conti nella sua relazione, “gli interessi economici in gioco sono quindi piuttosto significativi, anche sotto il profilo occupazionale”. Eppure è stato già riscontrato, rileva la Corte, come i risparmi teoricamente ottenuti dalla diminuzione della flotta (5,4 miliardi) “si siano riverberati in concrete perdite contrattuali (3,1 miliardi) che già ne hanno dimezzato il potenziale effetto, oltre alla perdita di ritorni industriali legata all’essere scesi sotto la soglia dei 100 velivoli”.
Ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro: “Alla continuazione del progetto corrispondono non solo i costi fin qui affrontati ed i ritorni economici già realizzati ma soprattutto i costi in termini di perdite economiche ove avesse termine o si riducesse sostanzialmente la partecipazione al Programma”, spiegano i giudici. Inoltre per quanto riguarda imprese e lavoratori coinvolti, “il volume economico stimato per i prossimi vent’anni, pur nella sua visione più ottimistica, assume dimensioni ragguardevoli (circa 14 miliardi di dollari) e non va sottovalutato l’effetto moltiplicatore sull’indotto”.

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