Do Look Up: il tempo della verità.

di Carlo Calenda. L’Europa sta attraversando un momento drammatico ed è evidente che non può più fare affidamento sugli Stati Uniti, mai così instabili. Con Donald Trump alla Casa Bianca, abbiamo alla guida dell’America un Presidente mosso da interessi personali enormi e strutturalmente più vicino a Putin che all’Europa. In questo contesto, il ruolo dell’Italia dovrebbe essere quello di rafforzare la coesione europea, non di stare alla finestra con titubanza. Invece, quello che il governo Meloni sta facendo in politica estera è arretrare di continuo.

Non possiamo più permetterci ambiguità. Chi oggi parla ancora di “chiamare Putin” per chiedergli di fermarsi, come fa Giuseppe Conte, (guarda QUI) non solo vive in un mondo immaginario, ma di fatto legittima la propaganda di un regime che ha invaso l’Ucraina, ha rifiutato ogni proposta di cessate il fuoco, e continua a minacciare l’esistenza stessa dell’Unione Europea. Non basta dichiararsi per la pace, serve capire e dire chi l’ha violata.

Perchè per noi serietà significa anche avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome sempre, anche in Medio Oriente. La condotta di Netanyahu a Gaza è criminale. Fermare Netanyahu, riconoscere lo Stato palestinese e insieme non cedere di un millimetro contro l’antisemitismo che cresce anche in Italia, è quello che si deve fare.

E la stessa serietà e chiarezza servono anche quando si parla di come questo Paese gestisce le sue risorse, i suoi piani industriali, il suo futuro.

Ieri sono intervenuto in Senato sulla revisione del PNRR. Non serve girarci intorno: il PNRR è fallito. Lo diciamo da un anno: Transizione 5.0 non funziona. Il piano sull’automotive è fermo. Le imprese stanno delocalizzando, e mentre in Spagna le regioni vanno nelle fabbriche a offrire incentivi a 40 euro a MWh, in Italia le stesse imprese pagano 150.

Ho sentito parlare di “centri sociali” in Aula. Ma che c’entrano i centri sociali? Stiamo parlando di imprese che chiudono, di produzione industriale che si sposta all’estero. Riusciamo a dare una mano concreta alle aziende italiane o dobbiamo continuare a fare la corrida politica mentre la manifattura italiana crolla? E non lo chiedo perché penso di essere in un centro sociale o perché è una cosa da comunisti, ma perché me ne sono occupato. E ho provato a suggerire al governo quello che andrebbe fatto.

Non è ideologia, è buonsenso. Perché non scegliamo noi il tempo in cui viviamo. Ma la cosa più pericolosa che si possa fare è chiudere gli occhi e illudersi che la realtà sia diversa da quella che è. Comprenderla per contribuire a cambiarla, un dovere che tutti noi dobbiamo sentire.

Serve pragmatismo, competenza, umiltà. Noi siamo qui per questo.

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