Putin, nessuna fretta per la pace: più guerra ora, più Ucraina dopo.

La tanto attesa telefonata tra Vladimir Putin e Donald Trump non ha risolto nulla, ma ha almeno segnato un segnale: lo zar ha risposto! Dopo anni di gelo e bombardamenti, la diplomazia torna a sussurrare. Ma attenzione: non è la pace che bussa alle porte, è solo la strategia di Mosca che avanza.

Putin dice di essere pronto a trattare, ma alle sue condizioni. Nessun cessate il fuoco immediato, nessuna pausa umanitaria, nessuna reale apertura. Solo vaghe promesse di un futuro memorandum di pace e la solita richiesta di “compromessi”, ovvero cessioni territoriali da parte di Kiev. Per il Cremlino, la pace non è un punto di partenza: è il premio finale, quando l’Ucraina sarà ormai mutilata abbastanza da non poter più rispondere.

Trump esulta: parla di “toni eccellenti”, immagina negoziati in Vaticano, si propone come mediatore globale. Ma l’ottimismo americano si scontra con la rigidità russa. Putin non si è smosso di un millimetro. Ha ascoltato, ha parlato, ma non ha ceduto. E ogni sua parola serve a guadagnare tempo: tempo per spingere le linee del fronte un po’ più in là, per rafforzare le posizioni nei territori occupati, per logorare l’Ucraina e stancare l’Occidente.

Mentre la diplomazia si compiace dei suoi vertici, la guerra non si ferma. Nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, Mosca continua ad avanzare o a consolidare la sua presenza. E Kiev lo sa. Per questo Zelensky ha ribadito che non abbandonerà nessuna delle sue terre. Ma resta solo, stretto tra un alleato americano che sembra cercare consensi più che risultati, e un’Europa che guarda, auspica, ma non guida, nè tantomeno decide.

La verità è semplice e cruda: Putin non cerca un compromesso, cerca un bottino. E lo vuole tutto. La pace arriverà, sì, ma sarà una pace secondo Mosca: firmata quando la mappa sarà già cambiata, imposta come un fatto compiuto, mascherata da accordo.

“Più guerra ora, più Ucraina dopo”: è questa la vera logica che guida il Cremlino. Ogni tregua ritardata è una battaglia in più da vincere. Ogni trattativa rinviata è un altro giorno utile per rafforzare le proprie posizioni. Il dialogo, per Putin, non è un ponte verso la fine del conflitto. È solo un diversivo.

E allora, quando finirà la guerra? Quando a Mosca decideranno che non c’è più nulla da guadagnare sul campo. Quando la conquista sarà completata o l’Ucraina troppo esausta per resistere. Solo allora si parlerà di pace. Ma sarà una pace amara, con il sapore della resa e l’ombra lunga dell’impunità.

Putin non cerca un cessate il fuoco. Cerca una vittoria. E ogni giorno che passa, ogni ritardo nella tregua, ogni ambiguità nei negoziati, serve ad un solo scopo: ridefinire i confini dell’Ucraina a suo favore, prima che il mondo possa davvero imporre il contrario. In questo gioco a scacchi geopolitico, la “pace” non è la fine del conflitto: è l’obiettivo finale della sua strategia militare.

E allora quando sarà il momento di sedersi al tavolo delle trattative? Quando Putin lo deciderà. Non prima. E non certo se ciò significherà restituire ciò che ha già preso con la forza.

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1 Response

  1. Attilio Runello ha detto:

    In Italia esiste un grande desiderio di pace da parte del.popolo sia di destra che di sinistra
    Molti vedevano nel Pontefice una figura che essendo ascoltata parlava per tutti
    Una figura in cui riconoscersi.
    Altri cercano lo stesso in figure famose in politica o nello spettacolo che fanno dichiarazioni di pace, che organizzano manifestazioni di pace.
    E tutto questo lascia immaginare che queste voci, queste richieste di pace saranno ascoltate da tutti, anche da chi nel proprio paese reprime ogni forma di opposizione e aggredisce – sia pure con delle ragioni importanti in politica estera – un altro stato e da tre anni ne occupa una parte, cerca di espandere le conquista, ha rapito alcune decine di migliaia di bambini , bombarda tutti i giorni.
    Per altro le poche dichiarazioni di Putin – soprattutto da quando c’è Trump come presidente – lasciano abbastanza chiaro che le condizioni sarà lui a imporle.
    Anche lui vuole la pace. Se l’Ucraina si arrende ci sara la pace.
    Lui conceda qualcosa se l’Ucraina rinuncia a qualcosa
    Si può dire in Italia questo? No. Perché si viene tacciati di essere guerrafondai.
    E allora non lo diciamo

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