Reddito di cittadinanza: boom dei finti divorzi!

di Redazione. Che il “Reddito di cittadinanza” sia stato un flop colossale ormai lo sanno pure i muri. Soldi sottratti alla reale crescita del paese e a chi ne ha veramente bisogno per fare dell’assistenzialismo spicciolo anche a chi non ne ha alcun diritto. Insomma, soldi il più delle volte finiti nelle “tasche sbagliate”!

A lanciare l’allarme è l’Ocse che avverte l’Italia: sono troppi gli abusi per riscuotere il Reddito di cittadinanza. in primis i falsi divorzi ima anche i disincentivi a cercare lavoro, oltre al fatto che la misura non avvantaggia le famiglie più numerose e quindi più esposte al rischio povertà.

Pur riconoscendo i progressi dell’Italia per la lotta alla povertà, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico mette in luce i lati oscuri del Reddito di cittadinanza e propone di ricalibrare la misura per evitare che diventi un incentivo a stare a casa a scaldare il divano.

Carte alla mano, emerge come la misura risulti più generosa con le famiglie monoparentali e meno per i nuclei più numerosi e questo perché limitare la scala di equivalenza a 2.1 significa che i trasferimenti e le soglie di idoneità non aumentano per le famiglie più grandi di, ad esempio, 2 adulti e 3 bambini o 3 adulti e 2 bambini, che invece sono a maggior rischio di povertà rispetto alle piccole famiglie, alimentando il rischio di abusi con finte separazioni per accedere alla misura.

Il caso della Grecia docet: Atene nel 2017 ha introdotto uno schema simile assistendo – in occasione delle richieste di adesione – ad un aumento delle famiglie monoparentali 10 volte superiore rispetto alla popolazione, il che si presta a pochi dubbi sugli abusi.
“L’esperienza della Grecia suggerisce innanzitutto che le domande di famiglie monoparentali necessitano di un’attenta verifica e, in secondo luogo, i parametri dovrebbero essere a vantaggio delle famiglie più numerose”, si legge nel documento.

Il Reddito di cittadinanza ha inoltre il difetto congenito che la quota invitante di sussidio previsto e gli stringenti criteri di ammissibilità, creano “forti disincentivi per i membri delle famiglie a basso reddito ad entrare nel mondo del lavoro o ad accrescere il reddito lavorando più ore”. E il Reddito di cittadinanza scoraggia anche la ricerca di lavoro da parte dell’altro coniuge.

“Le attuali norme fiscali e previdenziali generano un livello elevato di aliquote fiscali effettive per il secondo lavoratore nel nucleo familiare che guadagna meno. Questo scoraggia ulteriormente i disoccupati e inattivi a cercare lavoro”. De facto favorendo il lavoro in nero nelle famiglie con due coniugi.

E c’è anche il rischio che aggravi ulteriormente il gap Nord-Sud dell’Italia. Aumentando il reddito delle famiglie beneficiarie, specialmente nelle regioni meridionali, il Reddito di cittadinanza può portare “nell’immediato” ad una “piccola caduta nel tasso di povertà” ma non incide “a lungo termine sugli incentivi e sulle capacità delle famiglie passare al lavoro formale”, aumentando il divario tra regioni più vulnerabili e regioni più ricche.

Nonostante i progressi fatti dall’Italia per il contrasto alla povertà, rileva l’Ocse, “queste politiche combinate con elevata tassazione e contributi che pesano sul reddito scoraggiano il lavoro, in particolare del secondo coniuge” e “contribuiscono ad ampie disparità sociali e regionali dell’Italia”.

Da qui la ricetta in tre punti suggerita dall’Ocse.
1. Migliorare la capacità dei centri per l’impiego.
2. Ricalibrare la misura integrandola con incentivi per il lavoro a basso salario.
3..Combinare il Reddito di cittadinanza con un sistema di imposta sul reddito semplificato e progressivo che, a fronte di un costo iniziale modesto, nel lungo termine potrà “incoraggiare l’occupazione” e aiutare lo sviluppo delle Regioni povere, conclude l’organizzazione, generando “entrate pubbliche aggiuntive che ne compenseranno il suo costo”.

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