Di troppa solidarietà si può anche morire.

di Redazione. Case occupate, pensioni e redditi di cittadinanza, esenzioni e quant’altro per gli indigenti o presunti poveri che dir si voglia, ma sempre e soltanto a spese dei ‘soliti fessi’, lavoratori dipendenti e pensionati, che sono diventati il bancomat dello Stato.

Ma a forza di prelevare sempre e soltanto da una sola parte, ovvero quella dei ‘soliti fessi’, senza mai versare sulle pensioni da contribuzione effettiva e sulle buste paga in chiaro, neppure un centesimo di aumento che sia commisurato al caro vita, tant’è che le retribuzioni da lavoro dipendente degli italiani sono le più basse del Vecchio continente, il rischio è quello di impoverire pure il ceto medio, ormai spolpato fino all’osso e spremuto come un limone!

La solidarietà va bene, ma quando è a carico dell’intera collettività e quando è mirata a beneficiare i ‘veri poveri’ per un periodo limitato di tempo, finalizzato ad un loro reinserimento attivo nel tessuto connettivo della società e non ad un mero assistenzialismo, vita natural durante.

Altrimenti il rischio il rischio è quello di provocare atteggiamenti opportunistici nelle persone, disincentivando la ricerca di un lavoro, rendendo conveniente il lavoro in nero e creando un sistema di welfare passivo e assistenziale.

Altrimenti il rischio è quello di sommare nuovi poveri a quelli già esistenti e di far passare il messaggio che in Italia non vale più la pena farsi il cosiddetto ‘mazzo’ dalla mattina alla sera, tanto poi c’è sempre lo Stato che ti da una casa, uno stipendio, una pensione, una scuola, un ospedale e quant’altro, senza muovere neppure un dito.  

L’Italia non ha bisogno di assistenzialismo né di demagogia, ma di rimboccarsi le maniche e di mettersi a lavorare e a produrre, di creare nuove opportunità, di politiche attive mirate ad aiutare i giovani che vogliono fare impresa, a sostegno della ricerca e dell’innovazione, a tagliare il costo del lavoro e a rendere più conveniente per le aziende assumere personale.

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro… e non sull’assistenzialismo a go go. Non dimentichiamolo mai. Pertanto ogni intervento deve tamponare la condizione di povertà e sostenere gli individui nella ricerca di un lavoro, nell’apprendimento e nella formazione perché è solo tramite il lavoro che il cittadino può vivere dignitosamente per realizzarsi singolarmente e all’interno della società, senza parassitare sulle spalle dei ‘soliti fessi’.

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