I poveri di ieri avevano le pezze al culo! Quelli di oggi lavorano in nero, non pagano le tasse e magari ottengono il reddito di cittadinanza.

di Vittorio Feltri. Arrivano notizie strane che fanno riflettere e generano sospetti. L’ultima in ordine di tempo riguarda i poveri. I quali fino a due anni fa, 2017, ammontavano in Italia a oltre 6 milioni. Una cifra enorme che faceva tremare i polsi e preoccupava i politici e non soltanto quelli. Le statistiche erano riferite da Eurostat quindi degne di fede. Nel giro di dodici mesi ecco che la quantità dei miserabili ufficiali è diminuita di un milione. Cosa sia successo non si sa. Si interpreta il dato incoraggiante a capocchia, si va per tentativi.

Se un milione di indigenti è rapidamente sparito in un periodo giudicato difficile per l’economia nazionale, mentre tutti i mezzi di comunicazione sostengono che il Paese è in crisi profonda, bisogna trovare una spiegazione. Quale? Saperlo. Noi osservatori distratti della realtà nazionale abbiamo qualche idea.

Indubbiamente i poveri sono sempre esistiti. Quando ero un ragazzo essi si distinguevano a occhio nudo. Avevano le pezze al culo, mangiavano poco e male, non avevano il bagno, figuriamoci il bidet, non mandavano i figli a scuola oltre alle elementari per motivi economici. Allorché un adolescente compiva 14 anni faceva il libretto di lavoro e andava a fare il garzone in bottega. Nessuno possedeva cellulari, la bicicletta era un lusso, solo alcuni fighetti si concedevano vacanze al mare o ai monti. Eppure pochi di coloro che tiravano a campare si consideravano ultimi.
Si adattava all’ andazzo e buona notte al secchio.

La situazione generale dell’epoca era assai peggiore dell’attuale. Oggi chi non dispone di tecnologie avanzate, di una automobile e di denaro sufficiente a finanziare ferie grasse in località di spicco è considerato, o si considera, uno straccione meritevole di pubblica assistenza. Il mondo non cambia, però sono cambiati la mentalità e i criteri valutativi della miseria. Pertanto le statistiche vacillano e non sono più in grado di indicare i limiti oltre i quali una persona è davvero in ristrettezze oppure si barcamena in una modesta normalità.

I parametri che distinguono un diseredato da un cittadino florido sono saltati. Tanto che perfino i profughi sfoggiano telefonini di marca e li usano alla grande, senza spiegare come facciano a saldare le bollette. Probabilmente quelli che noi, semplificando, cataloghiamo alla voce pezzenti non sono altro che lavoratori in nero, in grado di guadagnare quanto basta onde sopravvivere. Non pagano le tasse e magari ottengono il reddito di cittadinanza.

Gli istituti demoscopici non sono all’altezza di capire chi sta al di qua o al di là dello steccato della legalità. Fanno dei calcoli approssimativi, un tanto al chilo e non ci dicono mai la verità. Noi però intuiamo che i poveri in questa fase sono più finti che reali, e non abbocchiamo. Chi è squattrinato muore di fame e al presente non si registrano decessi per inedia.

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