Il futuro del giornalismo nell’era dell’Intelligenza Artificiale: Opportunità, sfide e responsabilità. Intervista al Dott. Gregorio Scribano.

Nel contesto di una trasformazione digitale sempre più rapida e pervasiva, il giornalismo sta attraversando una fase di profonda ridefinizione. L’intelligenza artificiale (IA), con la sua capacità di generare contenuti, analizzare dati e personalizzare l’informazione, sta entrando progressivamente nelle redazioni. Ciò solleva interrogativi cruciali: come sta cambiando la professione del giornalista? Qual è l’impatto sulla qualità dell’informazione? E quale ruolo avrà l’etica e la responsabilità editoriale in un mondo in cui le macchine scrivono?
Per approfondire questi temi, abbiamo intervistato il Dottor Gregorio Scribano, promotore del giornalismo partecipativo, editorialista e esperto di comunicazione e media digitali. Autore di numerosi articoli sull’evoluzione del linguaggio giornalistico e consulente per testate italiane ed europee, Scribano è una voce autorevole nel dibattito sul futuro dell’informazione.
Dottor Scribano, grazie per essere con noi. Iniziamo con una domanda fondamentale: in che modo l’intelligenza artificiale sta cambiando il panorama dell’informazione?
Grazie per l’invito. Per comprendere appieno l’impatto dell’intelligenza artificiale sull’informazione, è utile fare un passo indietro. Un tempo, il giornalismo era un processo manuale: gli articoli venivano scritti a mano, poi digitati su una macchina da scrivere, passati alla redazione e infine alle rotative. Ogni passaggio richiedeva tempo, attenzione e un certo rituale. Oggi siamo lontani anni luce da quel mondo. Abbiamo computer potenti, connessioni globali in tempo reale e, soprattutto, l’intelligenza artificiale, che sta rivoluzionando non solo i mezzi ma anche i criteri di produzione e diffusione delle notizie.
L’IA ha introdotto cambiamenti strutturali su diversi fronti. In primo luogo, nella produzione di contenuti: strumenti esistenti oggi sono capaci di scrivere autonomamente articoli su eventi sportivi, bollettini meteo o dati finanziari, partendo da database aggiornati. Questi testi sono precisi, sintetici e, soprattutto, immediati. Questo consente alle redazioni di accelerare alcune operazioni, liberando risorse per compiti più complessi e investigativi.
Un altro cambiamento riguarda la distribuzione. Gli algoritmi non si limitano più a “spingere” i contenuti, ma li selezionano in base ai comportamenti, agli interessi e, talvolta, anche all’umore degli utenti. Questo ha reso l’informazione più personalizzata, ma ha anche sollevato interrogativi sul pluralismo, sulla trasparenza dei criteri editoriali e sul rischio di creare “bolle informative”.
Infine, l’IA sta modificando il modo in cui l’informazione viene fruita. Gli utenti sono immersi in un flusso continuo di notizie, aggiornamenti e contenuti generati o rielaborati automaticamente. Questo ha cambiato radicalmente il processo di formazione dell’opinione pubblica, creando una linea sempre più sottile tra contenuti umani e quelli prodotti dalle macchine.
Quindi, sì, l’IA sta trasformando profondamente il giornalismo, offrendo strumenti potenti ma al contempo imponendo nuove responsabilità, sia per chi produce l’informazione, sia per chi la consuma. La vera sfida sarà trovare un equilibrio tra l’efficienza tecnologica e l’integrità editoriale.
In un contesto in cui le macchine possono scrivere articoli in pochi secondi, che ruolo ha oggi il giornalista?
Il ruolo del giornalista sta cambiando, ma non scomparirà. Al contrario, diventa sempre più strategico. L’IA può scrivere, ma non può verificare le fonti sul campo, comprendere le sfumature culturali o assumersi la responsabilità etica di una pubblicazione. Il giornalista di oggi è principalmente un curatore e un interprete. Deve imparare a utilizzare l’IA come uno strumento, non come un sostituto. Il suo compito è stimolare la riflessione e aiutare il pubblico a formarsi una propria opinione su temi politici, economici e sociali.
Come cambia, quindi, la scrittura di un articolo nell’era dell’IA?
Ci sono tre principali cambiamenti.
Il primo riguarda il tempo di preparazione: oggi un giornalista può farsi assistere da un assistente virtuale per strutturare un articolo, suggerire titoli alternativi o verificare rapidamente dei dati.
Il secondo è la personalizzazione: l’articolo può essere adattato a diversi lettori, linguaggi e stili grazie agli algoritmi.
Infine, il terzo cambiamento riguarda il fact-checking: se correttamente programmata, l’IA può aiutare a evitare errori, ma il controllo finale rimane sempre umano. La scrittura diventa più modulare e collaborativa.
Ci sono rischi concreti nell’uso indiscriminato dell’IA in redazione?
Certamente. Uno dei principali rischi è la diffusione di contenuti non verificati, soprattutto se si delega troppo all’automazione. C’è poi il pericolo di una standardizzazione dello stile, che potrebbe impoverire la varietà narrativa. Inoltre, esiste un rischio sistemico: l’informazione generata dall’IA potrebbe essere manipolata o utilizzata per diffondere disinformazione su larga scala, soprattutto se la sua origine non è trasparente.
Qual è la responsabilità degli editori in questo contesto?
Gli editori devono stabilire regole chiare per l’uso dell’IA, dichiarando quando essa è utilizzata. Devono, inoltre, investire nella formazione digitale dei giornalisti, affinché possano integrare queste tecnologie in modo etico ed efficace. È il momento di ripensare anche al concetto di qualità nell’informazione: non basta più “pubblicare”; è necessario contestualizzare, verificare e responsabilizzare.
Guardando al futuro, quale prospettiva intravede: l’IA come minaccia o opportunità per il giornalismo?
L’IA rappresenta sia una minaccia che un’opportunità, come accade per ogni tecnologia dirompente. Se gestita con competenza e visione, può migliorare l’efficacia del giornalismo e avvicinare l’informazione a nuovi lettori. Se lasciata a sé stessa, può alimentare superficialità e polarizzazione. La sfida non è tanto tecnica quanto culturale: come sapremo gestire il rapporto tra uomo e macchina?
Quale sarà il ruolo del giornalista umano in un mondo sempre più automatizzato? L’IA lo sostituirà o lo trasformerà?
L’intelligenza artificiale non deve essere vista come una minaccia alla figura del giornalista, ma come uno strumento che può trasformare il lavoro giornalistico, rendendolo più efficace, profondo e, in alcuni casi, più libero.
Le attività più ripetitive, come la scrittura di notizie standardizzate o la gestione di dati, possono essere affidate a sistemi automatizzati, liberando il giornalista per concentrarsi su ciò che l’IA non può fare: indagare, interpretare, raccontare storie complesse. Il giornalista rimane il garante della veridicità delle notizie, un compito che l’IA non può assumersi, poiché priva di etica e coscienza.
Quali competenze saranno fondamentali per i giornalisti del futuro e come dovrà evolvere la formazione per rispondere alle sfide dell’IA?
La formazione dei giornalisti deve evolversi in risposta al cambiamento tecnologico. Non basta più concentrarsi sulla scrittura o sulla tecnica dell’intervista: occorre integrare competenze tecnologiche, digitali e critiche.
I giornalisti devono sviluppare un’alfabetizzazione tecnologica avanzata. Non è necessario che diventino ingegneri, ma è essenziale che comprendano come funzionano gli algoritmi, l’intelligenza artificiale e il loro impatto sulla circolazione delle notizie. La capacità di analizzare i dati e di lavorare con il data journalism diventerà sempre più cruciale.
Accanto a queste competenze tecniche, saranno fondamentali le capacità etiche e critiche. La formazione dovrà concentrarsi sul pensiero complesso, sulla gestione dei dubbi e sull’importanza di garantire il pluralismo in un mondo mediato dalle macchine.
Per concludere, Dottor Scribano, cosa si augura per il futuro del giornalismo in un mondo sempre più dominato dalla tecnologia?
Mi auguro che il giornalismo non perda mai la sua missione fondamentale: cercare la verità, tutelare il diritto dei cittadini a essere informati e contribuire alla vita democratica. Le tecnologie cambiano, ma la professionalità del giornalista non dovrebbe mai essere messa in discussione. L’IA può essere un’opportunità straordinaria, ma solo se usata con competenza, consapevolezza e senso critico. Il vero obiettivo deve essere integrare l’IA senza mai delegare, potenziando le capacità umane anziché sostituirle. Il futuro dell’informazione dipenderà dalle scelte che faremo oggi, in particolare nella formazione delle nuove generazioni di giornalisti. In fondo, l’IA può fare molto, ma non può, e non deve, togliere all’informazione il suo volto umano.