La riforma della cittadinanza italiana.

di Attilio Runello. La legge sulla cittadinanza, come la maggior parte delle leggi, è complessa e non è sufficiente un solo articolo per spiegarla in modo esaustivo.
La nuova riforma, che in parte sostituisce quella del 1992, particolarmente favorevole ai discendenti di emigranti italiani – stimati in circa ottanta milioni – prevede che la cittadinanza possa essere richiesta solo se si ha almeno un nonno cittadino italiano. In precedenza, invece, era possibile risalire anche a generazioni più lontane.
Il governo sembrava favorevole a questa politica e, negli ultimi anni, ha stanziato fondi per supportare il lavoro dei comuni italiani incaricati di certificare queste ascendenze. Inoltre, ha promosso il cosiddetto “turismo delle radici”, incentivando il ritorno dei nipoti degli emigranti nei luoghi di origine. Tra coloro che ne hanno approfittato figura anche la moglie di Joe Biden, di origini siciliane.
I paesi con il maggior numero di richieste di cittadinanza italiana sono Argentina e Brasile. In Argentina, lo scorso anno, sono state approvate circa trentamila richieste.
Le motivazioni di queste domande sono difficili da determinare con esattezza. Tradizionalmente, si tratta di persone che possono permettersi di viaggiare per lavoro o turismo in Occidente, compresi gli Stati Uniti, e che vedono nel passaporto italiano un mezzo per viaggiare più facilmente rispetto a quello argentino o brasiliano.
Anche in Svizzera, dove vive una comunità italiana di oltre mezzo milione di persone, molti giovani hanno riscoperto l’importanza del passaporto italiano. Pur sentendosi svizzeri, riconoscono che un passaporto dell’Unione Europea offre maggiori opportunità di spostarsi e lavorare in Europa.
In Italia, si è diffuso il timore che il passaporto italiano venga utilizzato per accedere ai sussidi pubblici. Inoltre, i comuni, in particolare quelli del Veneto, sono sovraccarichi di lavoro, e l’aumento delle richieste ha generato proteste, talvolta sfociate in controversie giudiziarie. Anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, ha sollevato la questione.
Dal punto di vista politico e commerciale, la legge del 1992 è ben accolta all’estero, soprattutto dai paesi storicamente vicini all’Italia. Tuttavia, la nuova riforma è stata accolta con freddezza.
Come sempre, ci si trova di fronte a un dilemma: da un lato, la necessità di favorire paesi come l’Argentina, che stanno abbassando i dazi doganali; dall’altro, le rimostranze degli italiani, che si scandalizzano nel vedere persone con passaporto italiano che non parlano la nostra lingua.
Naturalmente, tra gli ottanta milioni di discendenti di italiani nel mondo, si trovano situazioni molto diverse. L’emigrante tipo è ben rappresentato dalla figura di Papa Francesco, che si sente argentino di origine italiana. Questo mix di sentimenti e appartenenza è sempre più diffuso con la globalizzazione.
A tutto ciò si aggiunge l’atteggiamento della stampa italiana, che ha sempre mostrato indifferenza nei confronti dell’ascesa di politici di origine italiana ai vertici di paesi come Brasile, Argentina, Australia, Stati Uniti e Francia. Se sono di destra, vengono criticati; se di sinistra, vengono ignorati. Il sentimento patriottico, in Italia, non è mai stato particolarmente forte.
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