Se dopo la protesta non arriva la proposta sarà di nuovo “piazze piene, urne vuote”. di Antonio Ferrante

di Antonio Ferrante.  Assistiamo in questi giorni ad un grande mobilitazione di piazza che sta attraversando tutto il Paese, un fenomeno che ciclicamente si ripresenta, se pure calato nell’attualità del momento, basti ricordare, per rimanere nella storia recente, i “girotondi” e il “popolo viola”.

Un primo elemento, tuttavia, rende questo nuovo movimento diverso nei presupposti dalle precedenti esperienze, non si scende in piazza per protestare contro il governo ma contro destre ed estremismi che, almeno ad oggi, rappresentano la minoranza parlamentare.

Vedere migliaia di persone, teoricamente affini al governo e alle sue forze, che scendono in piazza contro le opposizioni chiedendo ai partiti di stare lontani (ed è superfluo ribadire a quali partiti possano riferirsi), per di più ad anni di distanza dalla scadenza naturale della legislatura, dovrebbe quantomeno far riflettere i dirigenti dei partiti di governo e, in generale, delle forze riformiste.

All’entusiasmo rinnovato delle piazze, quindi, dovrebbe corrispondere la preoccupazione del Pd e degli altri, e ciò perchè se la protesta riesce a smuovere le coscienze e sovvertire regimi, un attimo dopo è la proposta, cioè la Politica, ad avere il compito di ricostruire e così non riportare indietro le lancette dell’orologio ai tempi bui.

A sentire chi scende in piazza, tuttavia, questo timore sembra sempre più una certezza in qualche modo suffragata dai sondaggi, con tutte le dovute cautele, che danno alle destre attuali percentuali addirittura più alte di quelle ottenute dallo storico Msi nonostante il secondo avesse un livello culturale, istituzionale e politico neanche paragonabile alle prime.

Il Pd e le forze di governo hanno il dovere di interrogarsi con umiltà e senza ipocrisie tanto sul messaggio profondo di quelle piazze quanto sulla nuova responsabilità che portano addosso dopo mesi di governo dai quali ancora non emerge una visione e una prospettiva capace di rasserenare chi è convinto che le destre abbiano già vinto a tre anni dalle possibili elezioni.

Se dunque le piazze gridano “fuori le destre”, le forze riformiste, con altrettanto vigore, devono parlare concretamente di lotta alle disuguaglianze, rapporti con l’Europa, tutela dei più deboli, legalità e un nuovo rapporto tra cittadino e Stato e finalmente avviare quel processo di riforme in grado di arginare la paura del domani, il senso di rabbia e la frustrazione quotidiana prima che, inevitabilmente, diventino voti per gli estremisti, una tragedia che il nostro Paese ha già dolorosamente vissuto.

La protesta di oggi sia la base per la proposta di domani perchè la frase “piazze piene, urne vuote”non si riveli l’ennesima profezia inascoltata, questa volta però con conseguenze assai più tragiche del passato.

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