Ruotolo, i dem e i magistrati. È l’antipolitica.

di Paolo Cirino Pomicino. L’elezione suppletiva per il collegio del Vomero per il senato della repubblica resosi vacante dopo la scomparsa del carissimo Franco Ortolani si sta dimostrando una sorta di cartina di tornasole per capire la natura e l’orizzonte del partito democratico.

La candidatura di Sandro Ruotolo voluta dalla dirigenza del PD locale ma certamente con la copertura di Zingaretti è ai nostri occhi politicamente sconcertante. È vero che siamo in una stagione in cui l’antipolitica è l’asse portante di alcuni partiti (primi fra  tutti i 5stelle ed in parte anche la Lega) ma la candidatura di Ruotolo dimostra che quel tarlo ha cominciato ad erodere pesantemente anche le confuse radici del PD.

Sandro Ruotolo, infatti, non è solo un giornalista noto per le tante inchieste televisive molte delle quali peraltro decisamente sballate ma è un giornalista politico da sempre contro il vecchio PCI e contro il PD e feroce contro tutti i democratici cristiani a cominciare da quel martire della democrazia che risponde al nome di Calogero Mannino.

Una scelta, la sua, peraltro, che non ci ha mai spaventato e che abbiamo sempre contrastato con la civiltà che ci è propria ma oggi, come abbiamo già detto, davvero ci sconcerta. Se il PD lo candida allora è un segnale di una cosa diversa che va al di là della persona del candidato e della sua storia politica.

Quella candidatura è frutto, dunque, di un accordo preciso con quell’area giustizialista della estrema sinistra che va da Antonio Ingroia a Luigi de Magistris e a Di Pietro e che certo non fa onore agli eredi del vecchio PCI che vanno da Valenzi e Napolitano passando per Chiaromonte e Geremicca e finire ad Antonio Bassolino.

Una sinistra che a Napoli abbiamo sempre contrastato politicamente ma che, vivaddio, era un partito con una cultura ed un senso dello Stato che si inscriveva nella storia democratica della Repubblica.

Qual è la cultura di quell’area che va da Ingroia a De Magistris e a Di Pietro (tutti e tre protagonisti di rivoluzione civile) che stentiamo finanche a definire di sinistra per il rispetto culturale che abbiamo sempre avuto verso quella storia politica?

Evitiamo di rispondere per carità di patria mentre il suo radicamento popolare lo hanno dimostrato le elezioni politiche e regionali del 2013 durante le quali Sandro Ruotolo era candidato sia alla camera che come presidente della regione Lazio con un flop inimmaginabile vista la notorietà di Ingroia e dello stesso Ruotolo e l’appoggio di alcuni quotidiani nazionali.

Se dunque questo è il peso politico di quell’area giustizialista quale è allora il senso politico di questa candidatura?

Forse quello che abbiamo già individuato qualche settimana fa quando abbiamo criticato la elezione di Paolo Mancuso alla presidenza del partito democratico e cioè di essere il partito che recluta i pubblici ministeri in pensione con particolare riferimento a quelli che hanno fatto il lavoro “sporco” come si suol dire nei riguardi di leader politici della DC.

Se non fosse tragico sarebbe da ridere. Ha iniziato con Franco Roberti per le elezioni europee, ha continuato con Paolo Mancuso alla presidenza del partito napoletano ed oggi fa un accordo con un altro pm in pensione Luigi De Magistris, (alla nostra famiglia molto caro), che è il vero sponsor di Ruotolo, e che da nove anni è sindaco di Napoli e sulla cui azione politica ed amministrativa si sono già espressi in maniera incontrovertibile Biagio de Giovanni e Paolo Macry con un giudizio tranchant che certamente lo condividerà anche il gruppo consiliare del Pd da nove anni all’opposizione in consiglio comunale.

E poi qual è il pensiero politico di quest’area magmatica di Ingroia e de Magistris?

Forse il grido di guerra dello stesso amico sindaco al momento della sua elezione “Scassamm, scassamm”.

È questo il grido che fa proprio il PD nonostante  la storia delle due culture antiche che costituirono il partito nel 2007?

Se questo è l’allargamento di Zingaretti il paese è davvero messo male e ci auguriamo che altre aree responsabili del PD facciano sentire la propria voce a cominciare da quella cattolico-democratica di Topo e Casillo e di tanti altri dinanzi al pericoloso processo di sfarinamento culturale e politico del loro partito.

Infine senza questa strana alleanza “la rivoluzione civile” di Ingroia, De Magistris, Di Pietro e Ruotolo dove sarebbe andata se non verso una progressiva ingloriosa scomparsa?

La scelta di alimentarla ed irrobustirla, allora, è davvero incomprensibile e forse sarà l’inizio di una ulteriore disarticolazione di un partito come il PD che da 13 anni cerca una identità che non trova mentre ha smarrito quelle antiche di quei partiti di massa di cui pure si dichiara erede.

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