Uno. Riposatevi e divertitevi. Sentirselo dire dal ‘nemico’ scolastico ribalta il modo in cui lo farete.
Due. Coltivate le amicizie; eventualmente anche nuove. È magnifico da sè. Ma vuole cura. E il numero di amici solidi misura la vostra ricchezza.
Tre. Se potete viaggiare, fatelo. Sì, viaggiare! Partire. Un verbo che per un ragazzo contiene già l’avventura. È l’adulto che si adagia, adegua, stanca.
Quattro. Leggete e ascoltate: musica, film, libri, fumetti, e parlatene con gli altri. Altro viaggio, mentale. Da condividere con gli altri, però. E magari con qualcosa di più di un Mi piace, o Non mi piace, che sono sterili, anche se fanno bottino social. Sono i Perché a contare. Il senso critico. Che nasce solo da una continua esplorazione.
Cinque. Tenete un diario; scrivete agli amici. Avete bisogno delle parole che possano rendere vivo il vostro sentire, e sappiano offrirlo agli altri. Scrivere significa scoprirsi ed espandersi. Chi ha poche parole, ha poco pensiero. E sarà sempre un suddito.
Sei. Pulite un tratto di prato, spiaggia, bosco; ma pure la stanzetta. Qui è dura. Tendete a considerare estraneo lo spazio che calpestate. E qui c’è un concorso di colpa: siete abituati ad avere qualcuno che lo faccia per voi, genitori per primi. Il compito è quello di riconoscere la bellezza, ma anche la fragilità, degli spazi che vivete.
Sette. Dimenticate il cellulare; fino a metterlo nel ghiaccio. Una bolla che vi rende un po’ alieni, e vi allontana dal corpo. Ma nel ghiaccio poi smette di funzionare e bisogna ricomprarlo. Io sarei più docile e consiglierei di chiuderlo in un cassetto per un giorno ogni tre. Fino a quando quel giorno di astinenza vi sorprenderà.