Pubblico impiego. Ferie forzate per Coronavirus?

di Redazione. Il Governo dice, consiglia, suggerisce, invita, dispone, decreta, ordina (!?) – non sì è ancora capito bene – di restare tutti a casa, in tutta Italia per limitare la possibilità di contagio da Coronavirus.
Ma non spiega il come farlo, nè per i lavoratori del pubblico impiego, nè per quelli del settore privato.
Dato per scontato che l’unico sistema per tenere a casa i dipendenti di aziende e imprese private è la Cassa Integrazione, o – per i datori di lavoro più attrezzati e laddove la tipologia dell’impiego lo consente – di attivare lo smart working (alias il lavoro agile, quello svolto da casa con computer, telefono e internet aziendali), resta il “grosso” problema del pubblico impiego.
Qui la confusione regna sovrana: lo Stato non è in grado di lasciare a casa i propri dipendenti con il lavoro agile per i noti problemi che affliggono da sempre la Pubblica amministrazione in fatto di digitalizzazione e informatizzazione del lavoro, già carente se non addirittura inesistente nei pubblici uffici, figuriamoci come attuarla in poche ore e nella gravissima contingenza del momento.
E allora circolano le ipotesi più “disperate” nei corridoi dei Palazzi romani, come quella di costringere i dipendenti pubblici a prendere le ferie: “ferie forzate” in accordo con colleghi e datore di lavoro fino al 3 aprile. Nella “peggiore” delle ipotesi potrebbe trattarsi di 4 settimane di ferie che per la stragrande maggioranza dei lavoratori significherebbe esaurire tutte le ferie dell’anno!!!

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