di Alessandro Sallusti. C’è un momento in cui va detto forte: «Niente teste di cazzo». Non si offendano i lettori a leggere queste parole sul loro giornale.
La tesi del libro è semplice. Per risolvere un problema tutti gli attori devono muoversi all’unisono. Ci vuole «una attenzione maniacale all’eccellenza, un impegno collettivo per la causa comune», fiducia, iniziativa e una comunicazione chiara. Tutto inutile però se nel gruppo c’è anche una sola «testa di cazzo», per dirla come gli All Blacks.
La tesi calza a pennello nella lotta al Coronavirus. L’eccellenza dei nostri medici, l’impegno di tanti bravi amministratori e la fiducia di molti italiani è tutti i giorni vanificata da un numero eccessivo di «teste di cazzo». Della categoria fanno parte gli incompetenti (al governo ce ne sono purtroppo tanti), gli egocentrici ambiziosi (si distribuiscono equamente tra governo e comunità scientifica), gli ignoranti (quasi tutta la generazione che ha rinunciato a leggere libri e giornali e si affida a Google), gli irresponsabili (tutti i giovani che pensano, sbagliando, di essere immuni e che continuano a fare gli affari loro diventando infettati e untori).
In queste condizioni c’è poco da fare: fino a che le «teste di cazzo» sovrasteranno numericamente i competenti e i responsabili non se ne uscirà e in molti moriranno, quando avrebbero potuto essere salvati se solo tutti ci fossimo «mossi all’unisono per una causa comune». La maggior parte delle persone infatti non si contagia nell’esercizio di funzioni irrinunciabili (alcuni lavori lo sono) ma così, quasi per gioco, non rispettando divieti e raccomandazioni.