Morti bianche, un’altra pandemia che va avanti da troppo tempo.

di Clemente Luciano. Dietro ogni numero, un volto, una storia, una vita. Storie e vite sospese sopra un’impalcatura,dietro i macchinari di una fabbrica,attorno i congegni di un’attrezzatura,nell’assordante rumore di un cantiere.Ed è lì che si intrecciano sentimenti tanto diversi:sogni,speranze,ma anche paure,angosce,preoccupazioni.La gioia per quel lavoro,sia pure precario,appena trovato.O per quel figlio che tua moglie sta per avere e che darà un altro senso all’attuale esistere familiare.Ma anche angosce e paure.L’angoscia che ti arrivi,come a “quelli” della Whirlpool di Napoli o della GKN di Firenze,un SMS o un Whatapps che ti dice che sei licenziato,che un lavoro non ce l’hai più.Tante storie di tanti uomini e donne.Poi,un giorno,improvvisa,arriva la fine di quelle storie e di quelle vite,di quelle speranze.Vite finite per una caduta da un’impalcatura o straziate dentro i congegni infernali di un macchinario di una fabbrica.Il lavoro,che per tutte quelle donne e quegli uomini era Vita e speranza di vita per le proprie famiglie,diventa in tante,troppe volte la Morte.Ed è qui che quei volti,quelle storie,quelle vite diventano solo numero,il numero sempre più grande dei morti per gli incidenti sul lavoro,per le “morti bianche”,come anche le chiamano,quelle morti.Sono già più di mille in questo 2021 le morti bianche in Italia.Una strage senza fine.Di lavoro,sul lavoro si continua a morire in Italia:nelle fabbriche,nei campi e nelle serre,nei cantieri edili,nei magazzini,per le strade delle città,come succede ai riders,ad esempio.Quelle vite che ora sembrano raccontarsi come dentro una Antologia di Spoon river da sotto le lapidi dei morti di un cimitero di un paese immaginario,quello sterminato  paese del mondo del lavoro italiano.Come raccontano la propria vita i defunti nel bel libro dello scrittore americano Edgar Lee Masters,dal quale Fabrizio De Andrè trasse un’altrettanto bellissima canzone.
In Italia ci sono in media tre morti bianche sul lavoro al giorno.Dati spaventosi,ben superiori alla media europea.Ma dati parziali:molti non vengono neanche denunciati,soprattutto quando a essere coinvolti sono lavoratori irregolari,perlopiù stranieri.Esemplificativa la storia di quel taglialegna moldavo ucciso da un cavo nel bellunese e portato fuori dal cantiere dal suo datore di lavoro,così da non far emergere il suo impiego in nero.O i tanti immigrati sfruttati nei campi di raccolta nelle terre del Sud.C’è un problema di sicurezza del lavoro in Italia,una mancanza che è prima di tutto culturale.Gli alti costi del lavoro fanno sì che imprenditori senza scrupoli compensino le loro spese tagliando proprio lì dove invece andrebbero destinate ancora più risorse:la tutela dei propri dipendenti.Scarsa formazione,mancanza di dispositivi di protezione,ma anche assunzioni irregolari per non dover sottostare alle costose disposizioni securitarie.A tutto questo va poi aggiunto il processo di precarizzazione in corso,con gli effetti prodotti dalla pandemia,che non fanno altro che peggiorare una situazione già critica.La depressione economica,le sempre minori opportunità professionali,spingono le persone ad accettare qualunque cosa,anche quei lavori che li espongono a rischi notevoli.Perchè c’è una famiglia da mantenere,e un mutuo da pagare,e le bollette e gli studi dei figli.E già le fasce delle nuove povertà si  vanno allargando,come attestano anche i rapporti della Cgia di Mestre o del Censis,ricomprendendo sempre più gente,anche quella che fino a qualche anno fa riusciva ancora a cavarsela.C’è poi il discorso della fretta sul lavoro,data da una contemporaneità sempre più veloce.Pensiamo ai rider,che ogni giorno devono sfrecciare nelle vie delle città come fossero circuiti urbani,dal momento che le piattaforme per cui lavorano(Uber,Glovo,Just Eat,etc.)promettono nei loro volantini la consegna entro 30 minuti e che le misere paghe dipendono da quante consegne riescono a fare in un’ora.Lavori che hanno assunto ritmi insostenibili durante il lungo tempo del lockdown.Un tessuto sociale sempre più disperato e privo di alternative,datori di lavoro che mettono il bilancio della propria attività davanti alla salute dei propri dipendenti,le sacche del lavoro nero che non accennano a diminuire,consumatori che non sono più disposti ad aspettare e vogliono tutto subito.Eccolo il quadro italiano,quello dove le morti bianche fanno segnare valori record.Eppure i decessi giornalieri continuano a occupare trafiletti nei giornali,i morti restano perlopiù senza nome e la politica da decenni non affronta la questione, divenuta ormai parte stessa della nostra quotidianità.Ma intanto la strage nei luoghi di lavoro continua e da essi sale un grido d’aiuto,un appello a intervenire in modo risoluto sul tema della sicurezza del lavoro.Quella delle morti bianche è un’altra pandemia,una pandemia tipicamente italiana che va avanti da troppo tempo.
Vuoi abilitare le notifiche?
Ricevi le News di Freeskipper Italia nella tua email
Attiva