Non potrebbe fare qualcosa per cambiare o modificare la norma che consente all’amministrazione penitenziaria di vietare ai detenuti sottoposti al regime di tortura del 41 bis di ricevere libri e riviste dall’esterno?
Secondo alcuni professionisti dell’antimafia questo divieto consente di prevenire contatti del detenuto con l’organizzazione criminale di provenienza. Invece, a mio parere in questo modo si fa un “favore” alla mafia, perché́ non si tiene conto che i libri potrebbero aiutare a sconfiggere l’anti–cultura mafiosa. Sì, è vero, ricevere un libro in carcere potrebbe essere pericoloso, ma tutto quello che entra nelle sezioni del 41 bis è controllato e letto, perché tutti hanno la censura e, comunque, pur correndo qualche rischio, i benefici sarebbero largamente superiori ai rischi, un po’ come il vaccino contro il coronavirus.
Signora Ministra, ventisette anni di carcere duro mi hanno insegnato che prima di scrivere bisogna leggere. E dopo bisogna tentare di riflettere, con la mente e con il cuore. Subito dopo però bisogna avere il coraggio di scrivere quello che si pensa: è quello che ho deciso di fare ora scrivendoLe questa lettera aperta.
Le confido che nei libri ho vissuto la vita che non ho potuto vivere: ho sofferto, ho pianto, ho amato, sono stato amato, sono cresciuto, sono stato felice ed infelice nello stesso tempo. E sono morto e rivissuto tante volte. Una volta, un giornalista mi ha chiesto qual era il libro che mi era piaciuto più di tutti. Mi è stato difficile rispondere, perché́ i libri sono un po’ come i figli: si amano tutti, perché́ tutti ti danno qualcosa. Alla fine ho detto che mi è piaciuto molto il libro “Il Signore degli Anelli”, perché́ molti prigionieri sono un po’ come i bambini. E per vivere meglio si immaginano di vivere in mezzo a boschi e palazzi incantati, fra meraviglie o incantesimi.
Signora Ministra, mi permetta di affermare che nei libri non ci sono dei nemici. Anzi, essi aiutano a frugare meglio dentro se stessi. Solo gli sciocchi hanno paura dei libri.I libri sono stati la mia luce in tutti questi anni di buio, mi hanno anche aiutato a continuare a lottare e a stare al mondo perché́, come scrive Elvio Fassone (ex magistrato e componente del Consiglio della Magistratura, oltre che Senatore della Repubblica), nel suo libro “Fine pena ora”: Certe volte una pagina, una frase, una parola smuove delle pietre pesanti sul nostro scantinato.
Signora Ministra, fin dall’inizio della mia lunga carcerazione ho sempre letto, all’inizio con la testa e alla fine con il cuore. L’ho fatto prima per rimanere umano, dopo per sopravvivere, alla fine per vivere.
Mi creda, non è stato facile leggere in carcere, perché spesso per ritorsione mi impedivano di avere libri e persino una penna per scrivere. E in certi casi mi lasciavano il libro, ma mi levavano la copertina. Penso che si dovrebbe fare una buona legge per “condannare” i detenuti sottoposti al regime democratico di tortura del 41 bis a ricevere e a tenere più̀ libri in cella e, forse, anche una norma per obbligare chi si occupa di giustizia e carcere a leggere di più, perché i libri rendono migliori le menti e i cuori delle persone, buone o cattivi che siano.