di Lucio Garofalo. Ogni tanto si riaffaccia la teoria dell’insegnamento come una “vocazione”. A fasi alterne riemerge l’antica disputa tra chi reputa gli insegnanti una sorta di “fannulloni” ed una categoria privilegiata, e chi li concepisce come “missionari”. Due estremi antinomici, ma entrambi non rendono giustizia a noi docenti. Per cui c’è chi ha l’ardire di ipotizzare ulteriori incrementi dell’orario di servizio, a parità di retribuzione salariale.
Sorvolo sul fatto (da molti ignorato) che un notevole carico di lavoro e di studio è già sopportato ogni giorno da qualsiasi insegnante scrupoloso, nei tempi extra-scolastici ed in forma gratuita. Mi riferisco agli adempimenti individuali aggiuntivi e volontari, un lavoro che si presenta oltre l’orario di lezione, necessario e funzionale all’attività didattica quotidiana: preparazione delle lezioni e correzione dei compiti, compilazione dei registri ed altri documenti burocratici, cartacei e digitali, e via discorrendo.
In base ad una simile congettura, i docenti dovrebbero lavorare di più, animati da una “vocazione”, offrendo prestazioni di lavoro a titolo gratuito. Ma quale strana e bizzarra visione, inerente solo agli insegnanti, bensì non, ad esempio, ai presidi o ai bidelli. Pardon, dirigenti e collaboratori scolastici. Idem per gli avvocati, i notai, o i medici, e tutti gli altri professionisti. Insomma, a tutti i lavoratori del comparto sia pubblico che privato, tranne gli insegnanti, le ore eccedenti (gli straordinari) vengono retribuite in modo decente.
Gli unici ad essere offesi, bistrattati e derisi sono proprio i “missionari” della scuola, che per altri sarebbero dei “lavativi privilegiati”. Ebbene, si mettano d’accordo tra di loro: sono missionari o nullafacenti? Né l’uno, né l’altro. Molto più laicamente, dovremmo essere qualificati come professionisti, da onorare e retribuire in quanto tali, cioè in termini più dignitosi!