Lo ha detto, alla vigilia del ‘Global strike for climate’, Greta Thunberg, l’attivista 16enne svedese promotrice delle marce dei giovani per il clima in tutta Europa, è stata proposta per il premio Nobel per la pace da tre parlamentari norvegesi in segno di riconoscimento per il suo impegno contro la crisi climatica e il riscaldamento globale.
Niente scuola o università per i ragazzi di tutto il mondo oggi, venerdì 15 marzo. Sessanta paesi più di 500 città accoglieranno i giovani di tutto il mondo, per protestare contro il riscaldamento globale, le emissioni di gas a effetto serra, l’immobilismo delle istituzioni di tutti i paesi.
Una protesta globale, perché il problema è globale, perché la soluzione deve essere globale.
Viviamo in una società, dove il mondo è la casa di tutti, la terra è casa nostra, l’umanità intera è la nostra famiglia. Il principio che regola il nostro vivere è quello dell’interdipendenza, che intreccia effetti e problemi.
L’inquinamento, il degrado ambientale provocato da un paese, danneggia tutti, ma soprattutto i più poveri, costretti, per sopravvivere, all’emigrazione, le cui problematiche si ripercuotono su tutti i paesi, in termini economici e di sicurezza.
Nessun muro, può fermare il contagio climatico e dell’inquinamento tra paesi diversi. Nessuna barriera nazionalistica, può frenare l’intreccio di problematiche ambientali, securitarie economiche, migratorie e la diffusione dei loro effetti che coinvolgono tutti.
E allora la risposta ai cambiamenti climatici, al degrado ambientale, non può essere il nazionalismo che genera divisioni, ma neppure la globalizzazione liberista incontrollata e non regolata.
E’ necessaria un’azione politica per orientare il sistema mondiale, verso un’economia globale sostenibile ed equa.
La risposta sta nel rafforzamento della cooperazione internazionale e non nel rafforzamento delle divisioni nazionalistiche.
Perchè il modello di sviluppo sostenibile o è ‘global’ o non lo è.