Lei si chiama Lella, Lella Paita.

di Matteo Renzi. Lei si chiama Lella, Lella Paita. È stata letteralmente massacrata sui media e dagli avversari per l’alluvione del 2014 a Genova. Ha subito un processo, è stata assolta in primo grado e in secondo grado. La campagna di quei giorni era tremenda: Panorama, ad esempio, titolava così. Lella aveva vinto le primarie ed era la candidata favorita per diventare Presidente della Liguria. La sinistra interna, sconfitta alle Primarie con Cofferati, decise di non rispettare l’esito del voto e organizzò la prima scissione. Il fuoco amico e il fango esterno portarono alla sconfitta del centrosinistra a Genova. Adesso che Lella è stata assolta per la seconda volta e che i media, ovviamente, hanno nascosto la notizia come sempre in questi casi, vorrei condividere tre concetti:

  1. La gogna mediatica fa schifo. Sempre. Occorre che la società civile abbia la forza di prenderne atto e di reagire. Le sofferenze della gogna mediatica sono cicatrici profonde nell’anima delle persone, anche di chi sembra forte. L’Italia deve imparare ad aspettare e rispettare le sentenze, non vivere in uno stato di perenne dittatura del risentimento e della superficialità.
  2. Sono orgoglioso di aver difeso e sostenuto Lella anche quando era difficile farlo. Molti mi chiedono: perché difendi i tuoi amici, collaboratori, compagni di partito quando ci sono indagini o polemiche? Non converrebbe scaricarli? In politica un solo lusso esiste e non sono gli stipendi o le auto blu: sono i rapporti umani. Difendere chi lavora con te quando è vittima di una campagna mediatica d’odio è un dovere morale, civile, politico. Chi scarica i propri amici, scarica se stesso.
  3. I soldi per il Bisagno a Genova li abbiamo messi noi. Con Lella, Claudio Burlando, Erasmo D’Angelis, Gianluca Galletti. Oggi ci sono i cantieri per il Bisagno, per lo scolmatore, per il Fereggiano: ci sono oltre 400 milioni e Genova vede che adesso ci sono pure i cantieri. Se oggi il problema alluvioni a Genova è affrontato, questo è merito del lavoro di un ufficio che si chiamava “Italia Sicura”. Che noi abbiamo realizzato e che il Governo populista ha chiuso nel secondo consiglio dei ministri (qui il mio intervento su questo al Senato nel luglio scorso). Perché poi se fai politica devi risolvere i problemi, non parlarne soltanto. Il problema era il Bisagno, e il problema noi lo abbiamo affrontato; il problema non era Lella, che ha perso le elezioni ma ha mantenuto la dignità: non tutti i suoi avversari interni e esterni possono dire lo stesso.

Informazione di servizio: continuano le presentazioni del libro “Un’altra strada”. Domani siamo a:

Sabato invece siamo a:

Flash.

Pensierino della sera. La vicenda di Brexit è sempre più incredibile. Hanno vinto un referendum grazie alle bugie e dopo qualche anno la realtà presenta al Paese un conto da pagare salatissimo. Vi ricorda qualcosa?
Un sorriso, Matteo

PS. In questa settimana c’è stata una sparatoria in strada a Roma, ancora una volta. L’ordine pubblico nella Capitale sembra un problema, non solo in periferia, ma il Ministro dell’Interno non sembra preoccuparsene. In questa settimana abbiamo scoperto che è stato cancellato il bonus babysitter e asili nido e che il numero degli incidenti sul lavoro cresce ma il Ministro del Lavoro non sembra preoccuparsene.
È impressionante come i due ministri, Salvini e Di Maio, che sono anche i leader del Governo, ci raccontino tutto della loro vita personale, di cosa mangiano, di chi amano, di come vivono. Sappiamo tutto delle loro polemiche politiche contro gli avversari e contro gli alleati. Ma non ci dicono che cosa stanno facendo nel lavoro per il quale hanno giurato al Quirinale. Non c’è nessuno che ricordi loro che sono MINISTRI, non influencer. Che devono occuparsi di sicurezza e di lavoro. Che se qualcosa non va, è loro responsabilità affrontare i problemi, non dare la colpa a quelli di prima e andare al parco a fare le foto. Li paghiamo per risolvere i problemi: quando se ne renderanno conto?

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